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A proposito di Tanexplora

Dopo cinque mesi di attesa, poiché tanto è passato da quando sono venuta a conoscenza di Tanexpo e ho desiderato visitarlo, è arrivato il momento della sua imminente edizione e come si fa in questi casi ho cercato un amico che mi accompagnasse. Voi, signori, preferite andare da soli o in compagnia a guardare le auto e le ragazze immagine del Motorshow?
E voi, signore, come potete divertirvi senza un’amica davanti a tutte le meraviglie del Cosmoprof, create per rendervi più belle? Che differenza esiste se al posto di auto sportive ci sono carri funebri e invece dei vivi si truccano i morti? Forse non ci crederete, ma nessuno ha voluto accompagnarmi. Un amico mi ha detto che se si fosse parlato di satanismo, sarebbe venuto, ma, in tal caso, sarei stata io a non essere interessata. Non ho insistito più di tanto e ho convenuto che fosse meglio andare da sola: a fronte di una tale ondata di rifiuti anche da parte di chi mostrava un certo interesse per l’argomento, mi sono detta che non era giusto fare soffrire anima viva così come non lo era rischiare di trascinarmi appresso qualcuno che non reggesse alla semplice vista di una bara (e non di una bara semplice, perché davvero non ne ho vista una che non fosse dignitosamente tirata a lucido quanto la carrozzeria degli imponenti carri funebri). Sono così giunta davanti alla biglietteria: sapevo che avevano accesso solo gli operatori del settore, ma in virtù della mia partecipazione a un corso sulla tanatoestetica sono riuscita a presentarmi in maniera credibile, e anche io, assieme a loro, ho varcato il tornello. Appena entrata la mia attenzione è stata catturata dal materiale pubblicitario di un format collegato alla fiera, Tanexplora, e su esso da lì in poi mi sono concentrata. Tanexplora? Dunque… Tanexpoesposizione della morteTanexploraesplorazione della morte
Esplorazione: se non si parla di intenzioni geografiche, cos’altro è se non cercare di conoscere, andando oltre un limite? Finalmente, dopo decenni di domande, sono andata a ricercare le mie risposte. Risposte a dilemmi estremamente comuni, in verità, che riguardano un po’ tutti. Cosa c’è dopo la morte? E durante? Cosa ci può fornire sostegno in quei momenti? Sarà una condanna lenta e immeritata? Come affrontarla? Chi ci sarà accanto, e come? E subito dopo? Come fare per soffrire meno quando perdiamo qualcuno che ci è caro? Cosa ci aspettiamo, cosa ci farebbe bene, cosa dobbiamo fare? Ma insomma, perché moriamo? E cosa resta di noi? Domande difficili e imbarazzanti, che solo una ristretta categoria di persone può porsi senza censure e senza pregiudizi evitando di passare per matti, e cioè chi nel settore in qualche modo opera.
Tanexplora si è posta come una offerta di informazioni, di mezzi, di enti, di persone e di figure professionali a cui fare riferimento nel caso ci si trovi ad affrontare, o ad aiutare ad affrontare, un lutto. In un momento della nostra vita col quale tutti avremo o abbiamo avuto a che fare, in cui si concentrano dolore intimo ed obblighi cui ottemperare, conoscere gli aspetti correlati alla gestione pratica, psicologica, etica, sanitaria, giuridica e spesso anche religiosa dell’avvenimento può essere di grande aiuto per tentare di elaborare la perdita. Ho così visto come si può spiegare la morte ai bambini, con dolcezza, attraverso la lettura di fiabe nei personaggi e nelle situazioni in cui si possono identificare. Anche loro, come noi, hanno bisogno di risposte, e non aiutarli a comprendere e ad accettare non è rispettoso nei confronti della loro particolare sensibilità e degli adulti che saranno un giorno. Si può conoscere ed esplorare la morte attraverso testi scientifici e letterari o esperienze personali altrui, passando per un cammino già percorso e messo a nostra disposizione da tanatologi, psicoterapeuti, scrittori, docenti, medici, artisti, professionisti del comparto funerario e cimiteriale.
Se si è fortunati, come lo sono stata io, ci si può commuovere di gioia e di speranza assieme a una sconosciuta che dopo pochi minuti ti diventa cara, mentre si ascolta la sua storia su come è riuscita a “scappare dalla morte” grazie a un trapianto ben riuscito. Ecco che allora il tema si sposta sull’importanza del dare, perché al di là di ogni forma di commemorazione e di celebrazione del lutto, la donazione di organi, laddove possibile, rappresenta forse l’unico modo per rendere omaggio alla vita. Fa riflettere il fatto di poter vivere perché qualcuno è morto donando sé stesso, può far provare anche un vago senso di colpa: il minimo che si possa fare è aprire gli occhi, ritrovare ogni giorno la gratuità di questo gesto e ringraziarne l’autore, nelle cose belle e nella condivisione delle emozioni con chiunque che a diverso titolo ci sta accanto. La morte non ci appare giusta, lo condivido, ma è così. È la natura? La sfortuna? Il caso? Dio? La cattiveria? O, come Alfieri sostiene con impeto, è solo da morti che sapremo se siamo uomini o vili? Al di là della fede! Credo che anche chi non riesce a trovare spiegazioni, conforto o certezze in una risorsa così grande e difficile si sia interrogato sulla morte e si sia chiesto in un certo momento della vita, magari da bambino, se lassù il nonno e la nonna si siano riabbracciati davvero e se, per caso, da qualche parte c’è anche il suo pesciolino rosso.
Abbiamo bisogno di risposte: perché se anche fossimo pronti non è detto che la morte ci prenda come vorremmo e nel momento a noi favorevole. A cosa dobbiamo e possiamo credere per mandare giù questo boccone amaro? Parlando con le persone, spesso si ha l’impressione che l’unica cosa che possiamo fare per abituarci all’idea è chiederci se sarebbe meno traumatico farsi tumulare in un loculo o bruciacchiare e spargere al vento; più romantico della decomposizione forse, ma è una scelta dura, si parla di noi e del nostro corpo, di ciò che ci ha resi amabili, criticabili, deridibili, invidiabili, identificabili. Come accettare di non esserci più un giorno? Come andare incontro alla scomparsa dei nostri cari? Ci sono veramente molte cose da sapere, quindi riflettiamoci un po’; fare scongiuri, negarla, considerarla una ingiustizia non ci è di aiuto né dal punto di vista pratico né da quello emotivo e personale. La morte è l’unico evento che non possiamo controllare, prevedere, organizzare, dominare; possiamo solo esorcizzarlo, tentare di conoscerlo, averne rispetto, e il modo migliore per accettarlo nella sua ineluttabilità, banale a dirsi, è amare la vita in tutti i suoi aspetti. “Se davvero volete conoscere lo spirito della morte, spalancate il vostro cuore al corpo della vita; poiché la vita e la morte sono una sola cosa, come una sola cosa sono il fiume e il mare”.
Godere della presenza della vita che ci trascorre accanto e affrontare con grinta, con umiltà e con apertura verso il prossimo gli eventi spiacevoli ad essa connessi, è l’unica cosa che ci può salvare non certo dalla morte, ma dal profondo terrore e dagli interrogativi che essa induce in noi. E un po’ di conforto lo possiamo trovare, oltre che nella discussione sui temi e sulle problematiche legati all’ultimo atto della nostra esistenza, nella sua rappresentazione artistica, il cui messaggio sostanzialmente è questo: la morte è la fine della vita, non dell’amore. Antigone in bronzo sembra più viva che mai nella postura del corpo in sella, rivolta amorevolmente verso il fratello guerriero morto e sdraiato sulla barella legata al cavallo; sculture funerarie all’interno dei cimiteri sanno rendere nella pienezza del marmo il dolore, la passione, la veglia, l’attesa, talvolta osando un contatto fisico con gli amati scomparsi.
Siamo costretti ad accettare la fine della vita, ma siamo liberi di continuare ad amare e a celebrare chi non c’è più: e nell’amore e nel ricordo, come nell’antica ritualità legata al commiato e a un suo auspicabile ripristino, trovare consolazione e speranza. Questa è solo una parte di ciò che ho colto e fatto mio assieme a ciò che già custodivo. Ma la mia esplorazione non si ferma. Manifesto gratitudine a coloro che si sono attivati per questo evento e lo hanno messo a disposizione di tutti (Tanexplora ha avuto luogo nella corte e nei saloni di Palazzo Re Enzo a Bologna, accesso facile e assolutamente gratuito), dimostrando sensibilità e attenzione verso il cittadino e che hanno il coraggio di osare, andando “oltre”. Ovunque sia.
 
Federica Giorgini


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