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All'ombra, cantando melodie

Occasione per radunare tutta la comunità e rinsaldare i legami del gruppo, le sepolture degli Himba si protraggono per l'intera giornata, fino al tramonto.
Dopo aver portato il cadavere in giro su una lettiga, dentro e fuori il villaggio, viene scelto il luogo più adatto per realizzare la sua tomba. E, mentre gli uomini scavano la fossa, le donne intonano i lamenti funebri. In suo onore vengono anche sacrificati cinque buoi, i cui teschi diventeranno il suo monumento funebre.
Alti e slanciati, gli uomini amano ornarsi il collo di bracciali di ferro, mentre le donne camminano scalze e portano sempre vistosi monili. Se un gambale di perle di ferro ricopre le loro caviglie fin sopra il polpaccio, grosse spirali di rame decorano tutto l'avambraccio. Al collo prediligono invece collane ritorte fatte con perline di vetro o piastrine di rame. Si presentano così gli Himba, popolo di pastori dell'Africa del Sud-Ovest che vive nella regione del Kaokoland, a sud dell'Angola: una terra dal sole rovente, dal quale hanno imparato a difendersi con una speciale pasta rossa fatta di terra e grasso che spalmano su tutto il corpo. Un rimedio efficace anche contro gli insetti che, in questo modo, non si posano più sulla loro pelle.

Allevatori di capre e bovini, possiedono mucche in gran quantità: si nutrono del loro latte, che viene consumato fresco e solo dopo un articolato ed antico cerimoniale. Gli Himba hanno infatti conservato nel tempo le loro suggestive tradizioni, come quella legata a questo prezioso alimento. Il rituale del latte è, innanzitutto, un appello per mantenere la disciplina: i membri della comunità, prima di poterlo bere, devono aspettare il consenso del capo della tribù. Per questo, al mattino, una delle sue mogli, avvicinandosi, gli porge più ciotole con la bevanda. Egli le porta alla bocca, assaggia, quindi concede il libero consumo. Solo dopo la sua approvazione, gli Himba non hanno più ostacoli ad usufruire del prodotto delle loro mucche.

Tutti intorno al defunto. Richiamati dal forte legame del gruppo, gli Himba si sentono sempre coinvolti dalle vicende di ogni esponente della tribù e seguono con profonda partecipazione gli eventi dell'intera collettività. Così, quando sopraggiunge la morte per uno di loro, per prima cosa tutti si stringono in silenzio intorno al defunto. Poi iniziano i pianti e i lamenti per il distacco, eseguiti sia da uomini che da donne.

Finiti i rituali della lamentazione, il morto, sistemato sulla lettiga, viene accompagnato dai presenti fuori dalla sua capanna, perché, secondo la tradizione, deve essere sottoposto ad un interrogatorio. Quattro uomini sollevano da terra il defunto e, dopo averlo messo in spalla adagiato sul giaciglio funebre, lo portano di corsa intorno al villaggio, mentre i familiari, tra le lacrime, seguono in corteo. Un componente della tribù gli si precipita allora incontro chiedendogli “cosa cerchi? Fermati! Vuoi le tue bestie o che cosa, tu che vieni da me?”, alludendo al sacrificio di animali che, più tardi, si farà in suo onore. Rispondono per lui coloro che lo stanno trasportando a spalla.
A questo punto, i familiari che seguono il corteo chiedono ripetutamente al morto che cosa gli fa piacere ancora vedere: così viene portato per tutto il villaggio, in modo che possa rivedere la sua capanna e quelle dei suoi compagni, i suoi animali e tutte le mucche che lo hanno nutrito con il loro latte. Viene anche accompagnato fuori dal villaggio, affinché possa vedere per l'ultima volta il mondo che lo ha circondato in vita.

In una radura, nella macchia. Rivisti tutti i luoghi in cui è nato e cresciuto, per il defunto giunge il momento della sepoltura. Di solito, i morti vengono sepolti in una piccola radura nella macchia, dove crescono solo pochi alberi alti. Una o più teste di bue infilate in alti pali indicano il posto in cui sono stati seppelliti i cadaveri.

La ricerca della tomba è curata dai familiari, che impiegano parecchio tempo prima di trovare la collocazione più adatta. Una volta individuata, alcuni uomini cominciano subito a scavare, adagiando il defunto all'ombra di un albero. Nel frattempo, altri membri del villaggio puliscono teschi di bue da sistemare sul sepolcro.

Tre donne siedono accanto al cadavere e gli cantano melodie funebri. Poco per volta si uniscono altre donne e, ogni tanto, un uomo si avvicina al morto per prendergli le misure. Quando la tomba è ormai abbastanza grande e profonda, gli uomini che l'hanno scavata si recano a prendere il defunto. Lo alzano dalla lettiga e lo calano nella fossa, rivolgendo la testa verso ovest: per evitargli il contatto diretto con la terra, lo circondano di assi di legno, che coprono con uno strato di sassi. Quindi gettano sopra della terra e, infine, chiudono la tomba con grandi massi di pietra.

Quando la lunga cerimonia della sepoltura finisce, è ormai sera. Alla luce del tramonto, le donne, per prime, riprendono il cammino e, muovendosi adagio a piccoli passi, tornano al villaggio. Con voce mesta, intonano ancora canti funebri. Prima di allontanarsi, invece, gli uomini pongono le ultime pietre sulla tomba e, per proteggerla al meglio, la ricoprono anche di rovi. Poi anche loro se ne vanno.
Nei giorni seguenti, nel villaggio regna il silenzio. Il capo non impartisce ordini alla comunità e le sue mogli si uniscono alle donne della famiglia del defunto per partecipare al loro lutto. Cinque giorni dopo la sepoltura, vengono sacrificati cinque buoi: nessun himba può toccare la loro carne, che viene lasciata agli animali nella macchia. Il giorno seguente, i teschi spolpati dalle bestie affamate devono essere appesi ad un tronco, che viene innalzato sopra la tomba.

La cerchia degli antenati. Dopo il rito funebre, gli Himba voglio sentirsi ancora più uniti: in molti arrivano da altre parti della regione per stare vicino ai congiunti del defunto. Si tratta di un modo per continuare a mantenere saldi i legami nella comunità: infatti, in nessun'altra occasione così tanti uomini, provenienti anche da zone piuttosto lontane, si radunano in un unico posto.

Con la morte, l'uomo himba continua a vivere in un altro mondo ed entra a far parte della cerchia degli antenati, che vengono venerati ed invocati intorno al fuoco sacro, posto al centro del villaggio, tra la casa del capo e il recinto dei vitelli. Fondamentale punto di riferimento dell'intero gruppo, non può essere calpestato né spento. Tocca alla prima moglie del capo e alla sua figlia maggiore non sposata il compito di vegliare affinché non venga mai meno. Intorno al fuoco sacro vengono discussi i grandi temi della comunità ed affrontati i problemi più urgenti; davanti alle sue fiamme il capo officia i rituali per la guarigione dei malati, ai quali spalma la fronte con grasso di bue, massaggiandola con grandi foglie d'albero. Alle volte, anche il suo figlio maggiore assume la funzione di sacerdote e guida le invocazioni agli antenati e a Dio, che è colui che ha creato il mondo. Ed al quale bisogna rivolgersi con la preghiera.
 
Gianna Boetti

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