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LA MORTE PUÒ DANZARE

Dead Can Dance, ovvero morto che danza.

Parte da qui un progetto multiforme che diventa un ideale punto di riferimento per stabilire virtualmente un contatto tra la vita e la morte. Ancora una volta la musica si trasforma in un ipotetico anello di congiunzione tra ciò che possiamo immaginare e il mondo reale. Attraverso le magiche atmosfere di una musica antica si delineano le strade del sogno, l'unico mezzo in grado di abbattere quella sottile barriera che separa la vita dalla morte. La portata artistica dei Dead Can Dance non è soltanto musicale: possiamo tranquillamente affermare che la resa finale, ovvero la canzone, paradossalmente diventa la cosa meno interessante se si considera che ogni nota, ogni singola parola, gli arrangiamenti, sono frutto di uno studio sistematico, quasi scientifico, volto a ricreare la giusta atmosfera dell'epoca che, di volta in volta, il duo intende eventualmente riproporre.

Brendan Perry e Lisa Gerrard si incontrano nel 1981 a Melbourne ed è proprio in quel periodo che il duo approfondisce le diverse tradizioni musicali in modo da comporre e costruire canzoni che nascano da ricerche etnografiche, storiche e filosofiche. La musica dei Dead Can Dance trasporta l'ascoltatore in una dimensione onirica, senza tempo né spazio, dove l'oscurità è solamente un passaggio obbligato verso la luce.

La sperimentazione alterna equamente produzione ed esecuzione: il canto caldo, profondo e baritonale di Brendan Perry si contrappone perfettamente a quello luminoso ed etereo di Lisa Gerrard. Se Perry, quando canta, predilige una certa epicità nella scelta degli arrangiamenti, Lisa Gerrard ama invece cimentarsi in esercizi vocali adagiati su partiture esotiche e magiche. I suoi vocalizzi si stemperano in un linguaggio spesso inesistente o il più delle volte in lingue non convenzionali come il sanscrito, antica lingua indiana, o l'aramaico. Di volta in volta misticismo e sacralità raggiungono esiti di rara intensità.

Nei primi tre dischi del gruppo, "dead Can Dance", "Spleen and Ideal" e "Within The Realm Of A Diing Sun", fortemente caratterizzati da sonorità gotiche e sepolcrali, è già possibile riscontrare tali ricerche: l'impianto sonoro, cupo e allo stesso tempo luminoso, si fonde dentro eleganti atmosfere medievaleggianti, lasciando intravedere quello che sarà il percorso evolutivo del gruppo. La band, anche attraverso forti connotazioni esoteriche (The Serpent Egg), traccia un solco indelebile nel panorama musicale mondiale. La ricerca prosegue anche nella scelta degli strumenti: il sound è fortemente caratterizzato dall'uso dell'elettronica, anche se abilmente mascherata, talvolta, da un'ampia sezione di archi o dall'uso di strumenti rinascimentali come la ghironda (Aion), rivelando così una colta conoscenza della musica medievale.

Nel tempo, i Dead Can Dance hanno arricchito il proprio background musicale, allargando lo spettro sonoro con una forte componente percussionistica, spesso sfiorando la "world music". Soprattutto negli ultimi album, come "Into the labirinth", dove, in un vortice di suoni e di canti ancestrali, conducono l'ascoltatore in un oblio distensivo e rassicurante. Sensazioni ulteriormente amplificate nel successivo "Toward the Within", ideale testamento della band che, in una entusiasmante quanto rara esibizione live, prepara " Spirit Chaser, ideale "canto del cigno".

A gennaio 2005, dopo circa 10 anni dall'ultimo tour, i Dead Can Dance hanno intrapreso una lunga tournèe mondiale che, dopo averli visti di passaggio anche nel nostro Paese il 24 marzo a Milano, ha avuto il suo trionfale epilogo a Chicago lo scorso 12 ottobre.

 
Marco Pipitone

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