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Momento di gloria

Quando frequentavo le scuole dei tempi miei, ci imponevano di redigere i compiti utilizzando solo metà (in verticale) del foglio protocollo, perché l'altra metà doveva essere riservata alle correzioni dell'insegnante. Ora, visto che le pagine di questa rivista sono suddivise in due colonne, vorrei suggerire al direttore di riportare le lettere come quella del signor la Forgia, dipendente precario dell'ASEF di Genova (OLTRE MAGAZINE n. 2/2004, pagine 38 e 39), sulla colonna di sinistra, utilizzando quella di destra alla necessaria "traduzione" in lingua italiana. Necessaria per gli incolti come me che vogliono comprendere ed eventualmente replicare, cosa che devo fare, pur non sapendo da dove iniziare.

Comincerò col fare ammenda: sono un primitivo, buzzurro, ignorante e vanitoso. Perciò non tralascio occasione per vantarmi ed autoelogiarmi. Per questo motivo ho raccontato le vicende per le quali mi candidai provocatoriamente a Sindaco della mia città, ho reso noto dei premi ricevuti ai concorsi letterari dei vecchietti ultracinquantenni (a proposito: mi è stato assegnato anche quest'anno, per una novella surreale, un immaginario "sciopero" della morte. L'ho ritirato il 9 ottobre u.s. a Riva del Garda), ho reso di pubblico dominio il mio testamento e quant'altro, pur di autoerigermi un monumento a futura memoria. Ha dimenticato, il signor La Forgia, di rammentare che mi sono autoelogiato anche per avere vinto due ricorsi all'Autorità Garante della concorrenza: uno, importantissimo, anzi storico per il nostro settore, che ha sancito la sconfitta definitiva delle anacronistiche privative comunali, l'altro contro una impresa funebre foggiana che per diversi mesi aveva infestato i muri della città con manifesti che offrivano servizi completi a prezzi indecenti. Infine, il signor La Forgia ha tralasciato di rimproverarmi per essermi vantato di avere scritto due libri, con l'aggravante che ne sto scrivendo altri due, che per un decennio - a cavallo fra gli anni '70 e '80 - ho riempito l'INFORMATORE (organo ufficiale della FENIOF) di articoli e che negli ultimi quattro anni mi sono sbizzarrito a scrivere per questa rivista. Sa perché l'ho fatto? Perché l'editore mi pagava profumatamente. Infatti scrivevo sempre e solo quello che faceva piacere a lui, al direttore ed ai loro recenti alleati di FEDERCOFIT, insomma a chi detiene lo scettro del comando. Sono un meschino opportunista, adulatore al soldo di chi mi paga, privo di dignità e di amor proprio. Sono un lecchino innato ed inveterato . E scrivo come solo sa fare un intristito ex impresario di pompe funebri. Non so usare termini forbiti come il suo "euristico", il cui significato ignoravo ed ho dovuto ricercare su un vocabolario che, per fortuna, ho sempre a portata di mano sulla mia scrivania. Fatto sta che, dopo avere letto e riletto decine di volte la sua lettera, mi sono trovato come davanti ad un componimento poetico ermetico o ad un quadro di arte (si fa per dire) astratta: stupito! Non per sua colpa, signor La Forgia, ma soltanto a causa della mia insufficienza, che non mi consente di librarmi alle sue altitudini filosoficheggianti di connotazione leibniziana. Deve perdonare la mia pochezza, ma le mie conoscenze sono rimaste ferme a Cartesio, al più prosaico "cogito ergo sum", perché la mia professoressa di liceo morì prematuramente e noi (io ed i miei compagni di corso), rimasti "orfani", non avemmo l'opportunità di andare oltre nello studio della filosofia, tralasciando così Leibniz e seguenti.

Non c'è che dire: una bella lettera, la sua, piena di parole, ma troppo elucubrata nei contenuti inintelligibili ad uno zotico come me. E meno male che lei è solo un dipendente ASEF a tempo determinato! Se fosse stato a tempo pieno come avrebbe reagito? Si sarebbe messo in treno o in macchina e sarebbe venuto personalmente a Foggia per sfidarmi a duello? Solo perché mi sono permesso il lusso di muovere appunti alla signora che dirige la "sua" ASEF? Anche per questo ho ricevuto un lauto compenso! Da chi? Non lo posso rivelare. È un segreto. Ma l'ho fatto anche perché sono un maschilista invertebrato nonché acerrimo nemico dei burocrati ad ogni livello e sotto tutte le latitudini ed un viscerale sostenitore dell'imprenditoria privata in antitesi con quella pubblica. Ma di questi argomenti ho già scritto tanto, per cui non ritengo utile ripetermi solo per lei.

Qualche domanda, però, me la deve consentire, signor la Forgia. Quanti impresari funebri lei conosce che abbiano avuto l'ardire di sfidare superstizioni e preconcetti per cimentarsi nell'agone politico (non partitocratrico) solo per dimostrare "qualcosa" che alla sua sagacia di certo non può sfuggire? Quanti che scrivano contemporaneamente libri (autobiografici e non), racconti che vengono premiati fra quelli di migliaia di concorrenti anche laureati? Articoli impregnati di tematiche settoriali che, come sostengono in tanti, impreziosivano questa rivista? Quanti che abbiano elaborato, con la propria penna e con il proprio cervello, mettendo a frutto le intrinseche capacità (mi perdoni la supponenza) professionali e culturali, ricorsi di carattere legale che, accolti e discussi dalla prestigiosa Autorità Antitrust, hanno avuto l'esito del quale posso menare vanto? Quanti che abbiano sconfitto una tecno-burocrazia proterva, come quella comunale di Foggia (tutte le sono nel vessare i cittadini), in una serie di cause intentate contro l'imprenditoria funebre privata locale, costringendola alla resa definitiva con la stipula di un atto di transazione che ha scritto la parola "fine" su di un contenzioso trascinatosi per dieci lunghi anni?

Signor La Forgia, sa cosa sostiene una grande personaggio, di cui mi sfugge il nome? "Nella vita come nell'arte è difficile dire qualcosa che abbia altrettanto senso come il silenzio". Ma è evidente che lei ignora questa massima.

In una delle ultime lettere pervenutemi, un collega, che mi ha pregato di conservargli l'anonimato, asserisce: "leggo i suoi articoli che trovo sempre interessanti, meticolosi e pieni di saggezza". Un altro affermava: "ho sempre apprezzato il suo pensiero sferzante ma vero e carico di umanità". Ne ho una nutrita collezione di testimonianze simili, da fare un libro! E, pur risparmiandole l'incubo di riproporgliele, le devo chiedere: perché mai, signor La Forgia? Io provo a spiegarglielo raccontandole un aneddoto attribuito al grande impresario americano Barnum. Un giornalista gli domandò da cosa dipendesse la sua straordinaria affermazione. Barnum lo invitò a seguirlo alla finestra e, indicandogli i passanti, gli chiese: "su cento di quelli che passano, a suo parere, quanti sono gli intelligenti?". Risposta: "sette o otto". Spiegazione di Barnum: "io mi dedico agli altri novantadue!". Signor La Forgia, anch'io mi dedicavo ai restanti novantadue. E per farlo - bene o male, non so, ma sicuramente a modo mio - mischiavo l'utile al dilettevole e infarcivo le tematiche professionali di ricordi, esperienze, emozioni, sensazioni personali, di cui lei non si spiega la necessità. Invece, forse, è proprio per questo che riscuotevo consensi, per il semplice assunto che anche io, come (quasi) tutti, sono fatto di materia e di spirito! Lei no? E, forse, i miei scritti interpretavano questa "umana" commistione che a lei appare tanto strana. Credo che per gli stessi motivi due famosi giornalisti come Enzo Biagi e Barbara Palombelli (e non solo), di cui seguo le rispettive rubriche sul supplemento settimanale al prestigioso Corriere delle Sera, infarciscono i loro articoli di emozioni e di ricordi personalissimi. Addirittura la Palombelli, sul n. 14/2004, racconta di quando, da ragazza, partecipava ad una riunione fra cugini, ben una ventina, che si teneva annualmente nell'ambito della sua famiglia. Chissà perché ha ritenuto opportuno rendere partecipare la platea dei lettori di questo evento strettamente legato alle sue emozioni adolescenziali!

Signor La Forgia, se lo scopo della sua missiva era quello di richiamare l'attenzione del suo "capo" e conquistarne le simpatie e l'ammirazione perché possa aiutarla a sconfiggere la precarietà del lavoro a tempo determinato nella ASEF di Genova, ebbene, le garantisco che ce l'ha messa tutta e le auguro di conseguire il suo obiettivo. Non solo, ma il mio auspicio è che lei possa percorrere una fulgida carriera in ASEF fino a divenire il diadoco dell'attuale suo direttore generale, …praticamente un colonnello! E, comunque, sono certo che d'ora in poi la sua "capa" la guarderà con occhi più benevoli!

Si racconta che al termine di un discorso tenuto del generale De Gaulle, che aveva infervorato l'uditorio, gli si avvicinò un ammiratore che gli propose: "mon general, morte ai cretini"! E il vecchio soldato, di rimando: "il suo programma è troppo ambizioso"! Se al posto di "cretini" avesse detto "lecchini", forse il generale avrebbe potuto accettare. Chissà?!?!

Volevo darle un suggerimento finale: saltare "a piè pari" le pagine della rivista contenenti le mie fastidiose esternazioni. Non ve n'è più bisogno, dal momento che la mia collaborazione con OLTRE MAGAZINE ha avuto termine. Con grande sollievo suo e di taluni "generali" che, non potendola fare nei ranghi militari, hanno pensato bene di venire a fare una carriera più spicciola nelle nostre fila e, sono certo, con un po' di rimpianto per i tanti graduati e militari di truppa che nel corso degli ultimi anni si sono disturbati ad esprimere i loro spontanei e disinteressati apprezzamenti ad un presuntuoso come il sottoscritto. La pubblicazione (eventuale) di questa nota è una deroga da me perorata (ed attenuta?) al solo fine di non privare lei del suo momento di gloria.
 
Alfonso De Santis

Ci "suona" strano immaginare che Alfonso De Santis voglia davvero privare OLTRE MAGAZINE dei suoi contributi, interrompendo una collaborazione che in questi anni si è sempre dimostrata brillante e di particolare interesse per i nostri lettori.

Alcune volte, soprattutto negli ultimi tempi, non ci siamo trovati d'accordo con lui su alcuni argomenti. Ciò non gli ha impedito di esprimersi liberamente sulle pagine di questa rivista, senza alcuna censura o costrizione, dando vita ad un dibattito che, se condotto con i toni giusti, può anche risultare utile. Come certamente si sono rivelati utili i contenuti professionali sui quali De Santis ha costruito l'attenzione dei suoi tanti lettori. La crescita della categoria non può prescindere da quanto uomini con le sue capacità e con la sua esperienza saranno in grado di proporre.

Se invece - e ci auguriamo che ciò non accada - l'amico Alfonso dovesse ulteriormente ribadire la propria intenzione di abbandonare, vogliamo manifestargli pubblicamente la gratitudine di tutti noi di Oltre Magazine (editore, direttore, redazione, lettori) per quanto è stato capace di trasmetterci, umanamente e professionalmente.

La stima e l'amicizia che, personalmente, ci legano a lui non potranno mai essere intaccate.

CARMELO PEZZINO


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