Rotastyle

A Varsavia il 21 e 22 novembre

Memento 2008

Questa fine d'anno ricca di avvenimenti ci ha condotti nella capitale polacca in occasione della quarta edizione di "Memento". Varsavia comincia ad indossare l'abito invernale e, nonostante il fatto che anche qui, a quanto ci viene detto, le stagioni non sono più quelle che erano (ma saremo sicuramente presto smentiti da un inverno eccezionalmente freddo; nulla pare più incerto, di questi tempi e malgrado i progressi, delle previsioni meteorologiche), la prima neve ci ha accolti annullando il grigiore che contraddistingue ampie zone dove l'architettura triste dell'epoca comunista impregna il paesaggio urbano della sua monotona e ripetitiva uniformità. Sarebbe inutile rifare qui la storia della città, tormentata come quella dell'intera Polonia. Ricorderemo soltanto che la capitale uscì dalla guerra quasi completamente distrutta (85% delle case rase al suolo e 700.000 morti) dalla spietata risposta tedesca all'insurrezione e che uno tra i pochi edifici rimasti in piedi fu quello dell'attuale hotel "Polonia". Si trattava infatti della sede del comando germanico che divenne, dopo la caduta del nazismo, quella provvisoria del governo polacco, visto che non c'erano altri luoghi dove esso potesse sistemarsi. Una storia dolorosa, dunque, nel corso della quale i polacchi hanno trovato sollievo e forza per far fronte alle avversità nella religione cattolica. La presenza della chiesa è stata sempre importante anche nei periodi più bui. Quelli come noi, di una certa età, ricordano certamente il primate di Polonia degli anni '50, quel Cardinale Wiszinsky (la sua statua troneggia oggi nel corso centrale della capitale ed il suo corpo riposa nella cattedrale di Varsavia) la cui tenacia ed ostinazione non solo lo condussero in carcere (siamo in un momento storico dove i cardinali-combattenti, per la libertà religiosa prima ancora che politica, caratterizzano il panorama di certi paesi d'Europa centro-orientale; vedi Stepinac a Zagabria e Mindszenty a Budapest), ma gli garantirono l'eterna riconoscenza dei suoi connazionali anche perché egli aveva profeticamente predetto al giovane Wojtyla che avrebbe condotto la chiesa nel terzo millennio. Cosa che, come tutti sanno, si è puntualmente verificata. La chiesa dunque come centro di identità per un popolo che ha sofferto, che in essa si rifugia per trovare risorse per resistere e per rafforzare il senso di appartenenza nazionale. Non a caso la Polonia è l'unico paese, tra le diverse decine di quelli che abbiamo avuto occasione di percorrere, dove ci sia stato dato di osservare - con quel grande stupore di cui abbiamo fatto partecipe Alessandra Natalini, la responsabile di Tanexpo, anche lei a Varsavia - la bandiera bianco-rossa (che unisce i colori rispettivamente di Lituania e Polonia) fieramente esposta sulla facciata delle chiese accanto a quella del Vaticano. Un luogo interessante per percepire le vibrazioni che sgorgano dal cuore dell'homo poloniensis è la chiesa di San Stanislao Korski nel quartiere di Joliborz. Meta incessante di fedeli da quando le spoglie del giovane sacerdote Jerzy Popieluszko vi riposano per l'eternità dopo che il corpo martoriato era stato ritrovato, quasi dopo un'immersione purificatoria, nelle acque della Vistola, fiume sacro, come per noi il Piave, di quel popolo. Padre Popieluszko, un giovanotto dal fisico d'attore e dal discorso infuocato, era al momento del martirio, nel 1984, cappellano di Solidarnosc dopo essere stato quello dell'ordine dei medici. Egli era stato selvaggiamente e vilmente assassinato a bastonate da miliziani asserviti al regime che mai hanno dato, nel corso del processo, segni di pentimento. Oggi essi passeggiano apparentemente tranquilli per le vie del paese, ma il peso che si portano addosso non è tanto quello di una sentenza alquanto clemente quanto quello del disprezzo, più che dell'odio, di tutto un popolo che, da quanto abbiamo potuto percepire, prova qualche difficoltà in questo caso a praticare una delle virtù del buon cristiano: il perdono.
Questo cattolicesimo fortemente impregnato di sentimento nazionale (non osiamo parlare di nazionalismo per non essere fraintesi) somiglia stranamente e per certi aspetti a quello degli Irlandesi, altri ferventi cattolici che si sono battuti per ottenere l'indipendenza. Ed ancor più stranamente i "cavalli pazzi" (nel senso buono ed elogiativo del termine), i "latini" sempre pronti a battersi sino all'eroismo per non perdere la propria identità, sono da una parte i rossi irlandesi (e soprattutto le talvolta bellissime rosse) e, dall'altra, i biondi polacchi. Che ci sia un nesso tra la religione cattolica e la gagliardia combattiva in difesa di una appartenenza etnico-geografica? L'argomento pare eccessivamente stimolante, ma non è, purtroppo, questa la sede più appropriata per svilupparlo adeguatamente. Lasciamo perciò al lettore curioso e volonteroso tale compito che permetterà a ciascuno di abbordare e di sviluppare il tema in funzione della propria sensibilità e delle esperienze acquisite personalmente.
Ci preme osservare che anche in fiera, al momento dell'inaugurazione, la chiesa è stata presente nei panni di un reverendo, Padre Tomasz Kròl (anch'egli piacente; in Polonia, la domanda ci viene spontanea, i preti sono ammessi al seminario anche per il look?), che ha fatto il giro del padiglione benedicendo a tutto spiano stand ed espositori. Noi di Tanexpo tra i primi, visto che ci trovavamo vicini all'ingresso ed in più, posizione particolarmente fausta, contigui allo stand del cimitero e crematorio comunali di Czestochowa, frequentatissimo anche, ci viene da pensare, a causa della santità di quella cittadina del sud-ovest dove alberga la famosa e assai venerata (soprattutto da Papa Giovanni Paolo II) immagine della Vergine nera. Per un momento abbiamo creduto che tanto afflusso fosse dovuto proprio ad una volontà dei morituri di farsi seppellire in una città così benedetta. Un po' come accade in India dove quelli che ne hanno i mezzi tentano di farsi portare, in prossimità del "passaggio", a morire a Benares (oggi sempre più conosciuta come Varanasi, ma si tratta dello stesso luogo) dove lo spettacolo della morte è onnipresente assieme all'odore, un po' nauseabondo, dei fiori che marciscono molto rapidamente e, avvicinandosi ai "ghats", le scalinate che scendono nel sacro Gange, a quello della carne bruciata dei corpi che ardono tra il crepitare dei rami accesi e il rumore, terrificante talvolta e quasi osceno, dei crani che scoppiano per il calore della pira. Tanti anni dopo un viaggio in quelle contrade, il ricordo che ne abbiamo è opprimente e dominato dall'eco ossessionante di nenie intonate dai partecipanti ai funerali che mentre cantano corrono, saltellanti, dietro i veloci (lì si lavora a cottimo) portatori della barella sulla quale giace, semplicemente avvolto in un lenzuolo di colore diverso a seconda che si tratti di un uomo o una donna (adulti; i bambini non vengono bruciati, ma avvolti in un lenzuolo bianco, immersi direttamente nel fiume dove galleggiano carcasse di vacche e quant'altro) il corpo di colui che per essere colà deceduto ed aver avuto le proprie ceneri versate nel fiume sacro riuscirà, "ipso facto", a liberarsi dal ciclo delle reincarnazioni e a raggiungere così l'ambito "nirvana", la pace eterna se vogliamo semplificare.
Sbagliavamo nella nostra ipotesi. In realtà la grossa affluenza allo stand vicino al nostro era dovuta soprattutto al fatto che, essendo la cremazione (come ormai, ci pare, dappertutto) in costante aumento, i forni attivi non sono sufficienti e le imprese si rivolgono a strutture anche relativamente lontane dalle loro sedi. Un po' come accade in certe regioni d'Italia dove talvolta è necessaria una lunga attesa dopo un trasferimento di parecchie centinaia di chilometri, per poter procedere all'incenerimento. In effetti, secondo i dati trasmessici dalla federazione che organizza la fiera, sarebbero in funzione in Polonia undici siti per la cremazione, secondo il gentilissimo Tobias Elmer, responsabile di Tabo Svezia, fornitore di gran parte degli impianti in funzione in quel paese, ce ne sarebbero dodici. Tra di essi uno della Gem di Udine che continua a mietere successi in Italia e all'estero e che era presente a Memento con uno stand. Tra le altre aziende tricolori presenti (che hanno occupato una buona parte del padiglione di 3.000 metri quadri - uno nuovo di 4.000 è in costruzione in seno al complesso fieristico) ricorderemo per quanto riguarda i cofani Aeterna, Rosen, Ferrari Cofani e Scacf. Tra i fornitori di accessori Pressal e Spaf dell'onnipresente Sandrone incontrato a Mosca qualche settimana prima. Una menzione particolare va riservata ai nostri carrozzieri. Su un mercato estremamente competitivo (del resto erano presenti anche produttori di Germania, Paesi Bassi e Spagna) i nostri rappresentanti, grazie alla qualità del loro lavoro ed alle tradizioni di design, hanno saputo affermarsi, come abbiamo potuto constatare anche in questa occasione. Alla fine dell'esposizione tutti erano estremamente soddisfatti. Tanto Biemme Special Cars che Intercar Service che, ancora, Pilato. Senza parlare di Noxa Group, egualmente in vista coi suoi kit per la modifica del frontale delle autofunebri. In più il modello presentato era doppiamente ammirevole in quanto portava i colori rosso-neri. Non me ne vogliano gli amici che vicino al nero, comune alla triade nobile,  preferiscono l'azzurro o il bianco! A proposito di autovetture abbiamo rivisto con immutato piacere Marco Frank di Binz e, ed è questa una sorpresa assolutamente inattesa, Klaus Sturmhofel che nella stessa azienda è responsabile dei mercati dell'Europa del Nord ed Orientale. La sorpresa risiede nel fatto che Pollmann, l'azienda in cui da sempre conoscevamo Klaus, ha chiuso da qualche mese. Al nostro amico i migliori auguri di buon lavoro che certamente non gli mancherà vista la simpatia che egli ispira naturalmente. E come potremmo poi omettere di parlare dello stand Tanexpo, che non solo ha approfittato della presenza di una interprete particolarmente qualificata e simpatica, ma che ha attirato un numero consistente di visitatori che hanno reagito molto positivamente ai nuovi slogan, modulabili e spiritosi, della rassegna (che ha anche un nuovo logo) talché oggi Varsavia, ad esempio, si trova nel voivodato di Bologna.
I voivodati sono, come è noto, regioni amministrative corrispondenti, grosso modo, alle nostre regioni. In passato erano veri e propri domini nobiliari alla cui testa si trovava un vóivoda. La riforma del 1999 ne ha ridotto il numero a sedici e quello in cui si trova Varsavia è la Masovia. Attualmente la situazione è in evoluzione e non è escluso che una nuova suddivisione veda la luce in tempi più o meno prossimi. Tanexpo ha riscosso un successo chiaro ed evidente e, come al solito, ha costituito, oltre che un centro di interesse per i visitatori locali, un punto d'incontro per i connazionali, espositori e visitatori. Dei primi abbiamo detto. Tra i secondi ricorderemo Viarengo e Merlotto di GFM Imbottiture, Urciuoli di Urciuoli Group ed ancora Di Tusa di O.F. San Lazzaro e Annalisa Gatti di Luce Perpetua.
Particolare interesse ha suscitato lo stand della Sam's Supplies - Frigid, molto attraente e che quasi certamente vedremo a Bologna per Tanexpo 2010. La Frigid è una grossa azienda leader nel settore dei manufatti in inox e dei prodotti da "embalming" (tanatoprassi). Essa si trova nella regione di Chicago dove la comunità polacca è assai consistente, come in tutta la regione dei grandi laghi. La diaspora in provenienza dalla Polonia è molto importante in tutti i paesi. Le vicende storiche ne sono state il motore principale. Rimane il fatto che nei soli Usa vivono più di dieci milioni di persone originarie di quei territori. Essi sono molto legati alle proprie radici e non hanno esitato ad investire in Europa non appena si sono presentate buone occasioni di business. L'azienda testé menzionata rientra in tale contesto. Tra gli altri amici polacchi incontrati ricordiamo Piotr Godlewski, eterno vagabondo in partenza per la Kirghizia, pericolosa repubblica musulmana turcofona ex-russa in Asia centrale dove egli si recava per il rimpatrio di un giovane polacco ivi sgozzato per ragioni, pare, religiose, e i Coniugi Switkowski, Iwona e Czesary, grandi lavoratori sempre fermamente alla guida di Hygeco Polska ormai diventata olandese in seno al gruppo Facultatieve. Senza trascurare Marek Cichewicz, sempre disponibile, sorridente e pronto ad aiutarci per ogni necessità. Una delle prime cose che chi ha a che fare con la gente dovrebbe imparare è quella di sorridere. Non costa niente e può aprire molte porte. Credo sia un vecchio detto indiano, visto che parlavamo d'India, e venendo da loro, maestri negli affari, merita ancor più che ci si pensi sopra. Certo, nell'approccio ai dolenti la cosa è un po' diversa. Ma anche in questo caso si può modulare l'atteggiamento senza cadere nel tetro. Come se la situazione in cui le famiglie si trovano non fosse già abbastanza dura da sopportare.
A proposito di Paesi Bassi, come non citare l'inarrestabile Gerard Knap, anfitrione sullo stand Fiat-Ifta assieme a Van Vuure figlio (i cui genitori sono attualmente in viaggio nell'emisfero sud), entrambi in appoggio del nuovo presidente  Chen Qun Lin (leggere: scèn ciùn lin) accompagnato da una folta ed elegante (dove sono finite le giacchette alla Mao, uguali per tutti, ed i buffi copricapi che completavano la "mise"?) delegazione di rappresentanti dell'impero di mezzo così come viene, talvolta, chiamata la grande Cina. Lasciamo Varsavia con il buon ricordo di sempre. Delle sue specialità gastronomiche, a volte tanto simili a quelle delle nostre terre d'origine che, fino a meno di un secolo addietro, avevano fatto per più di seicento anni parte dello stesso, grande impero austro-ungarico assorbendo gli usi e costumi di tutte le genti che si trasferivano in quello che era, a Trieste, l'unico e grande porto dell'Impero. Ed anche (why not?) della capacità di tracannare quantità importantissime di vodka (sostituita nelle nostre contrade dalla più casereccia grappa) senza soffrirne eccessivamente. Esiste, in Francia, un modo di dire: "boire comme des polonais", bere come un polacco. Esso non ha una connotazione negativa; anzi! L'origine viene da Napoleone il quale nel corso, se non andiamo errati, della campagna di Russia vedendo i suoi soldati ubriachi sfatti, loro sì, dopo aver abbondantemente sacrificato a Bacco (ed eventualmente a Tabacco; meno a Venere presumibilmente viste le condizioni), li arringò severamente dicendo loro, dopo aver constatato come i soldati polacchi fossero in perfetta forma per il combattimento anche dopo solenni bevute: "Buvez, oui, mais buvez comme des polonais!", Bevete sì ma bevete come dei polacchi! (senza ridurvi a cenci). Su queste note prenatalizie (a proposito tanti auguri a tutti coloro che, apprezzando o detestando le nostre elucubrazioni, hanno l'amabilità di leggerci!) lasciamo la città della sirenetta (che appare su tutte le vetture dei tram) cullandoci, un po' sognatori, nella leggenda popolare che (disdegnando l'etimologia dei saputelli per i quali il termine deriverebbe dalla forma possessiva del nome Warsz - abbreviazione di Warcislaw) vuole che Varsavia (Warszawa in polacco) tragga il proprio nome dalla "fusione" tra il pescatore Wars e la sirenetta della Vistola Sawa. Certo che se la sirenetta era come certe polacche che si vedono in giro... beh, valeva ben la pena di farsi povero pescatore... Saluti a tutte le sirenette ed a tutti i pescatori.
 
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