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Uno sguardo ai confini del mondo

Una panoramica sulle pratiche funerarie in Argentina.

Ottavo Paese al mondo in termini di superficie, l’Argentina è anche il secondo, dopo il Brasile, in Sud America ed il terzo per popolazione nella medesima zona geografica.
Il suo nome viene dalla grande quantità di argento che vi si trova. Nel 1544 la “Terra Argentea” compare per la prima volta nelle carte geografiche. La sua estensione determina una varietà di paesaggi e di habitat a cui corrispondono spesso usanze diverse in tutte le manifestazioni della vita ivi comprese quelle legate al culto dei defunti.

La popolazione

La popolazione è essenzialmente di origine europea: spagnola ed italiana soprattutto anche se non mancano apporti francesi e tedeschi. Tra quest’ultimi anche numerosi nazisti in fuga dall’Europa (talvolta anche con complicità insospettabili....)  prima di essere giudicati per le loro nefandezze. Tali ondate migratorie si produssero soprattutto verso la fine dell’800 e durante le prime decadi del XX secolo. In quel tempo l’Argentina era un Paese estremamente ricco (la settima potenza economica mondiale) e tutti coloro che al di qua dell’Atlantico vivevano in condizioni di grande difficoltà (soprattutto dopo la fine della prima guerra mondiale con una disoccupazione che angustiava moltissime regioni italiane) si diressero verso quella parte del  cono sudamericano in cerca, prima ancora che di fare fortuna, di che vivere.
Così arrivarono al porto di Buenos Aires i genovesi (i “xenezes” che si stabilirono nella Boca e vi fondarono, nel 1905, il glorioso club gialloblù del Boca Juniors) seguiti da piemontesi, veneti, friulani, marchigiani, abruzzesi, campani, lucani, calabresi, siciliani... Del resto, con una certa ironia, gli stessi argentini dicono di essere “discendenti delle navi”, da cui scesero per muovere i primi passi su quella terra che sarebbe diventata la loro nuova patria. Non ebbero di certo a soffrire molto, contrariamente a quanto succede oggi in Italia, per farsi adottare dalle genti del luogo senza tante fumose discussioni sullo ius soli. Oggi i loro discendenti occupano posizioni di prestigio nel mondo politico ed economico alle quali mai avrebbero potuto accedere se i locali avessero voluto  considerarli per sempre stranieri ed intrusi e non persone pronte ad integrarsi ed a crearsi un futuro con il lavoro duro ed onesto che, alla fine, paga.
Si fa un gran discutere, oggi,  di “neri” o di “gialli” che acquisendo la cittadinanza dopo essere nati e vissuti in Italia, potrebbero “contaminare” la purezza della razza.  C’è chi pensa ancora, nell’Italia del XXI secolo, che il colore bianco della pelle sia migliore degli altri? Dimenticando che in un Paese confinante ancora qualche anno addietro certi locali pubblici portavano l’ignobile scritta: “ingresso vietato ai cani ed agli italiani”? Saremmo anche noi caduti così in basso? Deprimente in un Paese che, tra l’altro, si professa cristiano! Se i biondi discendenti degli anglosassoni del Nord America avessero considerato gli italiani, bruni e spesso bassi, indegni di diventare americani, oggi non farebbero parte della storia degli Stati Uniti tanti personaggi famosi sia nel campo della politica che dello spettacolo o dello sport come Fiorello La Guardia, Mario Cuomo, Frank Sinatra, Dean Martin, Madonna, Lady Gaga, Liza Minnelli, Joe Di Maggio, Rocky Marciano, Francis Ford Coppola, Martin Scorsese, Robert De Niro, Quentin Tarantino, Silvester Stallone... (la lista potrebbe prolungarsi su centinaia di pagine). Gli antenati di tutti questi signori erano arrivati ad Ellis Island malvestiti, affamati, puzzolenti, coperti di parassiti e portatori di valori, soprattutto per ciò che è del ruolo della donna, non molto dissimili da quelli dei tanti disgraziati che arrivano oggi nella Penisola. Perché non immaginare che domani in Italia dei Coulibaly, dei Sissoko, dei Tan, dei Gupta possano onorare il Paese che li ha accolti facendoli suoi cittadini? Proprio com’è successo a chi un secolo fa ha abbandonato la miseria di qua per rifarsi una vita oltreoceano.
L’Argentina odierna ha un presidente di nome Mauricio Macrì, che più calabrese di così non si può, ed una vice-presidente, Marta Gabriela Michetti dalle radici maceratesi. Tanto per gradire..... E tale presenza è ancora più palese nel mondo funerario. Del resto il presidente della FADEDSFYA è Jorge Horacio Bonacorsi i cui antenati, messinesi, hanno probabilmente perduto una “c” davanti all’ufficiale di stato civile che ne registrava l’arrivo.

Costi funerari

Il mondo funerario ha naturalmente acquisito tradizioni giunte assieme alle popolazioni migranti anche se ora, soprattutto nelle grandi città e in particolare a Buenos Aires, tutto si sta rapidamente adeguando ad un inevitabile processo di omologazione. La cremazione, ad esempio, che raggiunge o supera il 50% nei grandi centri, rimane molto limitata in provincia dove spesso i funerali si fanno ancora in casa, seguendo costumi che variano da una regione all’altra.
I prezzi stessi di un servizio si differenziano considerevolmente in funzione del luogo. Da una media di 1.000/1.500 euro delle zone rurali si passa ai 3.000/3.500 delle grandi città. Per essere più precisi diremo che i prezzi più bassi si attestano sui 700 euro (altri ne potrebbero proporre 500 facendo lavorare al nero  e senza fattura...tutto il mondo è paese!) per un servizio standard comprensivo di cofano, trasporto con 2/3 carri funebri per i familiari più un veicolo per i fiori, annuncio stampa, bevande per la veglia e pratiche amministrative. Per la cremazione ci vogliono 300 euro. Una corona va dai 30 ai 120 euro, mentre una parcella cimiteriale vale (parliamo sempre di una città di media dimensione), in un cimitero privato (ve ne sono in tutto il Paese e sono i più curati) dai 175 ai 350 euro (quelle più vicine all’ingresso) con costi di manutenzione annuì dai 25 ai 50 euro, costi che nel pubblico si riducono a 12,5 euro. Con tutte le variabili per un servizio completo standard si può facilmente arrivare ai 1.800 euro. Se poi si desidera qualcosa di più particolare i 3.000 euro non sono lontani.

Previdenza funeraria

Le spese funerarie possono anche essere prese in carico dalle assicurazioni, estremamente diffuse anche perché l’esempio viene dato dallo Stato che tutela tutti i dipendenti pubblici con un contratto stipulato con gli assicuratori che spesso coincidono con gli stessi imprenditori funerari. Non a caso un conoscente ci diceva senza mezzi termini che per lui il vero business era quello della previdenza funeraria piuttosto che quello del servizio.
I premi sono variabili in funzione della prestazione richiesta, dell’età e dello stato di salute dell’assicurato. Esistono polizze “familiari”. Ad esempio per un servizio standard come quello precedentemente descritto, accompagnato da una parcella in cimitero ed un anno di manutenzione, una persona di 60 anni dovrà sborsare dai 4 agli 8 euro mensili. Non vengono assicurate persone al di sopra dei 77/78 anni ed in ogni caso la copertura inizia solo quattro mesi dopo la sottoscrizione della polizza. A Buenos Aires tali prezzi aumentano mentre nelle zone rurali succede il contrario.

Cofani funebri

I cofani, fino a qualche anno fa fortemente legati ai modelli classici spagnoli, sono oggi sempre più di gusto internazionale dove gli spallati rivestono un ruolo importante. Anche il colore comincia a “schiarirsi” pur rimanendo il nero la prima scelta nelle provincie più lontane dai grossi centri. I modelli “ovale”, in particolare quelli lavorati a mano per moltissime ore da provetti intagliatori, continuano ad esistere ma sono impiegati soprattutto nei funerali importanti. Del resto il loro prezzo, che può arrivare a diverse migliaia di euro, li rende ipso facto inaccessibili ai più.
I legni impiegati sono soprattutto il ciliegio ed il pino (il meno caro che spesso le imprese evitano di far vedere) mentre è piuttosto raro il “roble”, il rovere che in Italia è molto frequente, quello di Slavonia in particolare. Sono ammessi anche altri materiali: metalli, fibra vulcanizzata, fibra di vetro, plastica.
I prezzi sono alquanto bassi: mediamente il cliente sborsa poco più di un centinaio di euro, tuttavia un cofano di mogano (caoba,) bronzo o rame vale attorno ai 500 euro.
Tradizionalmente i cofani vengono venduti dalle imprese che hanno l’obbligo, prima che i clienti vedano il prodotto, di fornire loro una lista descrittiva di tutti i modelli con i relativi prezzi. Statisticamente gli acquisti si fanno soprattutto tra i primi tre, generalmente di costo intermedio, in funzione del colpo d’occhio generale. Al momento di far vedere i pezzi, il venditore inizierà evidentemente, col mostrare i più costosi. Se poi quelli più economici del listino non fossero visibili bisognerà richiederlo espressamente senza meravigliarsi se magari si trovano in un angolo recondito del magazzino o se addirittura non sono disponibili. Oggi la famiglia può acquistare la bara direttamente anche su internet, con la conseguente contrazione del prezzo, e farla recapitare all’impresa che in conformità con la Legge Funeraria (Regla de Funerales) è tenuta ad accettarla con il divieto, espressamente enunciato, di applicare un qualsiasi sovrapprezzo. Non riusciamo ad immaginare che cosa succederebbe in Italia se vigesse tale obbligo!
In caso di cremazione è  frequente “affittare” un cofano per l’esposizione ed il funerale e ridurre così i costi. Nel caso la famiglia intendesse procedere direttamente alla cremazione (senza esposizione e funerale) l’impresa ha l’obbligo di proporre e di mettere a disposizione un “contenitore” di legno grezzo o di altro materiale infiammabile (cartone, tela etc.).
I cofani lignei non sono sigillati, diversamente da quelli metallici, venduti spesso con l’assicurazione che il corpo si conserverà intatto in eterno e con una conseguente lievitazione del prezzo. Ciò ovviamente non corrisponde al vero, anche qualora venisse eseguito un trattamento di tanatoprassi.

Tanatoprassi

Gli interventi di conservazione temporanea sono abbastanza frequenti anche se non necessari per la maggior parte dei funerali che hanno solitamente luogo entro 48 ore dal decesso. Sono le imprese che fanno indebitamente valere la loro necessità anche se i casi  previsti dalla legge sono ben precisi e limitati.
La tanatoprassi si sta peraltro progressivamente affermando grazie all’impulso datole dai “pionieri” di tale tecnica: Daniel Carunchio e Ricardo Peculo fratello dell’ indimenticabile Alfredo già titolare della “Cochería Paraná” (per Cochería si intende l’impresa funeraria) nonché presidente della FIAT-IFTA nell’ultima decade del secolo scorso.

Un nuovo modo di vivere la morte

In un mondo in rapidissima mutazione anche l’approccio con la morte si è modificato sostanzialmente. Ciò è tanto più facilmente riscontrabile in Argentina dove per ragioni storiche e culturali i funerali si sono svolti, fino a qualche decennio orsono, secondo codici quasi immutati mutuati dalla tradizione religiosa dei coloni spagnoli che vedeva nell’oscurità l’opposto della vita simbolizzata, al contrario, dalla luce. Ne abbiamo conferma se solo pensiamo che il  Natale in cui la nascita di Cristo, ossia la nuova vita, coincide con il solstizio d’inverno quando le giornate cominciano ad allungarsi e la luce riprende il sopravvento.
Il nero è sempre stato il colore dominante dei funerali: dall’abbigliamento alla carrozza (simile a quelle che ancor oggi possono talvolta vedersi nel Sud d’Italia) tirata da neri cavalli che trasportavano un cofano dello stesso colore. I dolenti davano quei segni appariscenti di sofferenza che se assenti avrebbero potuto far pensare ad un affetto scarso nei confronti dell’estinto con tutte le impietose critiche che ne sarebbero seguite.
Oggi, al contrario, prevale un fenomeno di interiorizzazione del lutto: è cambiato il modo di vestirsi, i veicoli motorizzati hanno sostituto le carrozze, i funerali non si fanno più in casa, e anche le manifestazioni esterne di dolore sono contenute. I progressi della medicina hanno parimenti contribuito a rendere il momento meno tragico al pensiero che il defunto se ne va spesso,  non tra atroci sofferenze come in altri tempi, ma in uno stato di quasi incoscienza e di atarassia.
Perfino il cimitero è cambiato. Oggi è diventato, soprattutto quello privato (ed in Argentina ve ne sono e di belli!), quasi un giardino botanico  con prati che invogliano a passeggiare e che l’hanno trasformato da “città dei morti” in  “città dei vivi”.
 
Il Viaggiatore


  • Nazione: Repubblica Argentina
  • Numero abitanti: 44.000.000
  • Decessi nel 2015: 320.000
  • Tasso mortalità: 7,3‰
  • Religione: 75% Cattolici, 15% non religiosi, 8% Protestanti, 2% altre religioni
  • Inumazione: 70%
  • Tumulazione: 10%
  • Cremazione: 20%, in rapido aumento
  • Funerali con funzione religiosa: 90%
  • Funerali con funzione laica: 10%
  • Prezzo medio di un funerale: 1.500 euro
  • Imprese funebri: 1.500
  • Tanatoprassi: 5%, in aumento
  • Cimiteri: Pubblici e privati
  • Prevenzione funeraria: molto diffusa.


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