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focus sul documento della Congregazione per la Dottrina della Fede "Ad Resurgendum cum Christo"   sulla sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione

Cremazione sì, ma con riserva

Con il documento “Ad resurgendum cum Christo”, redatto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e presentato ufficialmente lo scorso 25 ottobre, la Chiesa prende una posizione ufficiale in materia di cremazione confermando e aggiornando quanto già espresso nel 1963 con l’Istruzione “Piam et constantem”, successivamente recepita nel codice di Diritto Canonico nel 1983, che rappresentò una svolta epocale del pensiero della Chiesa sulla tematica della cremazione passando da un netto rifiuto ad una piena accettazione.  Come spiega Don Sciortino nel libro nel libro di Giovanni Valentini “La morale, la fede e la ragione. Dialogo con don Antonio Sciortino sulla nuova Chiesa di papa Francesco” (Imprimatur 2013), la Chiesa era contraria alla cremazione perché “l’introduzione dell’incenerimento alimentò campagne di propaganda antireligiosa e anticristiana che irridevano l’usanza cristiana della sepoltura. C’era la volontà di affermare che con la morte tutto finisce, che non esiste l’immortalità e tanto meno la resurrezione dei corpi. Anche in epoca romana, i pagani usavano bruciare i corpi dei martiri e sbeffeggiavano i cristiani perché credevano nella resurrezione e nell’immortalità. Al tempo dell’Illuminismo, la cremazione era un modo per manifestare il proprio ateismo e per ribadire la ribellione contro la Chiesa. La massoneria, in particolare, aveva fatto della cremazione la sua bandiera contro la Chiesa. Al punto che, nel 1886, il Sant’Uffizio fu quasi costretto a condannare la cremazione”.
Una volta venuta meno questa deplorevole minaccia, grazie ad una generale evoluzione del pensiero umano e ad una diversa sensibilità nei riguardi della morte e del trattamento dei defunti, la Chiesa cessò di ostacolare la pratica della cremazione, specialmente se richiesta “per ragioni igieniche, economiche o di altro genere, di ordine pubblico e privato”, lasciando così ai fedeli piena libertà decisionale. Veniva in questo modo sancita l’indipendenza dell’anima dal corpo il cui incenerimento non preclude la resurrezione dello stesso ad opera del Divino. Va comunque detto che per la Chiesa l’inumazione è la pratica da preferire in quanto l’affidamento del corpo alla terra ha un valore altamente simbolico che rinnova il percorso divino di Cristo che prima di risorgere a vita eterna fu deposto nel sepolcro. Inoltre, come ha affermato il domenicano Serge-Thomas Bonino segretario della Commissione teologica internazionale, “la cremazione, prevendendo l’intervento della tecnica, non è un processo naturale e ha qualcosa di brutale, poiché distrugge subito”.
Con il dilagare della pratica crematoria in tutti i Paesi cattolici del pianeta, tanto che in certi Stati è di gran lunga più comune dell’inumazione, e non essendo in molti casi accompagnata da un adeguato impianto normativo a livello civile (in special modo in Italia!), la Chiesa ha avvertito la necessità di rivedere e integrare il documento del 1963 per dare delle indicazioni comuni a tutto il mondo cattolico affinché tale pratica venga attuata con modalità conformi ai principi fondamentali della fede. Due sono gli argomenti principali su cui sono stati messi dei punti fermi: la conservazione e la dispersione delle ceneri.

Conservazione delle ceneri

Relativamente alla conservazione, ribadendo che la cremazione non deve mai avvenire per ragioni contrarie ai dogmi della fede e che deve essere effettuata sempre e solo dopo la celebrazione delle esequie, l’Istruzione “Ad resurgendum cum Chisto” precisa che le ceneri devono venire conservate in un luogo sacro, cioè nel cimitero oppure (novità!) nelle chiese dove deve essere creata un’area appositamente dedicata. Ciò perché nella nostra tradizione religiosa i defunti sono oggetto di preghiera e le tombe sono luoghi deputati al ricordo, alla riflessione e alla devozione da parte dell’intera  comunità cristiana. Di conseguenza non è ammessa la conservazione delle ceneri in ambienti diversi da quelli citati, compreso quello domestico, tranne “in caso di circostanze gravi ed eccezionali, dipendenti da condizioni culturali di carattere locale”. In questo modo viene scongiurato anche il pericolo di “dimenticanze e mancanze di rispetto, che possono avvenire soprattutto una volta passata la prima generazione”. E qui ci permettiamo di osservare come la Chiesa abbia avuto il merito di affrontare - risolvendola in maniera forse un po’ drastica - una seria e delicata problematica non ancora toccata dalla nostra legislazione, quella cioè di stabilire a monte la destinazione delle ceneri affidate alla famiglia una volta che intervengano mutamenti al proprio interno come  la successione parentale, un banale trasloco o un più comune sentimento di distacco dal ricordo del proprio caro che può verificarsi con il passare degli anni. 
Il vincolo di collocare e serbare le urne solo nei luoghi sacri ha come ovvio corollario il divieto di suddividere le ceneri tra più persone o più nuclei familiari e l’interdizione assoluta di poterle trasformarle in oggetti del ricordo o in pezzi di gioielleria.

Dispersione delle ceneri

 “Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista” il documento “ad resurgendum cum Christo” conferma il preesistente veto circa la possibilità di dispersione delle ceneri, vanificando la proposta avanzata dai vescovi italiani affinché fosse rimosso, e mettendo così un deciso freno ad una tendenza che sta prendendo sempre più piede.  Secondo la Congregazione  per la dottrina della fede, infatti, una tale usanza è riconducibile ad una concezione new age della spiritualità che identifica la morte con il ritorno alla madre terra o con una sorta di fusione con il cosmo piuttosto che con la resurrezione in Cristo e il ricongiungimento nella Casa del Padre. Per la stessa ragione viene interdetto il seppellimento delle urne cinerarie nei boschi, consuetudine piuttosto diffusa nei Paesi nordici.

Questa nuova “Istruzione” non mancherà  di suscitare discussioni e polemiche sia nel mondo della funeraria che nella società civile, anche perché, secondo alcuni punti di vista, certi divieti vanno a ledere dei diritti civili. In ogni caso va ricordato che le norme promulgate dalla Chiesa non vanno di pari passo con le leggi dello Stato per cui, ad esempio, la dispersione delle ceneri o la custodia dell’urna nell’ambito domestico sono prassi ammesse dalla legislazione italiana, con gli immancabili distinguo da regione a regione. È quindi facoltà del singolo ogni decisione riguardo la sorte delle proprie spoglie mortali, nel rispetto delle personali convinzioni e della libertà di scelta.
 
Raffaella Segantin


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