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A Kielce, in Polonia, il 18 e 19 giugno

Necroexpo 2015

Le edizioni di Necro Expo, la fiera funeraria polacca di Kielce giunta alla sua sesta edizione, si succedono e non si assomigliano. Intendiamoci bene: qui si parla unicamente del tempo. Negli ultimi otto appuntamenti abbiamo avuto alternativamente un clima estivo ed uno autunnale: il 2015 è stato l’anno dell’estate, il che non lascia ben presagire per il 2017. Un sole splendente e temperature largamente superiori alla media stagionale ci hanno accompagnato, sulla scia delle condizioni ambientali trovate un paio di settimane prima a Valencia, durante i tre giorni della manifestazione. Kielce, come già avevamo sottolineato in passato, rappresenta il secondo polo fieristico della Polonia. Situata sulla strada che collega Varsavia, la capitale, a Cracovia, l’antica capitale e fuor d’ogni dubbio la più bella città polacca, essa si propone come centro di scambio di primaria importanza per la sua posizione geografica centrale e per la modernità del suo Centro Espositivo che, grazie alla dinamicità dei dirigenti, dispone di strutture eccellenti dal punto di vista logistico ed architettonico che si incrementano di anno in anno. Abbiamo avuto la gradita sorpresa di trovare in attività il Centro Congressi che arricchisce così, con un’opera indispensabile già in costruzione due anni orsono, il quartiere fieristico favorendone lo sviluppo e creando auspicabili sinergie. Qui si è tenuta la consueta cena di gala con 250 persone il giorno dopo che l’ormai tradizionale barbecue s’era svolto, in clima “casual”, negli accoglienti giardini del maniero romantico di Tomasz Zielinski, il famoso mecenate delle arti. In entrambe le serate gli invitati hanno avuto l’occasione non solo di fraternizzare, grazie anche ai beveraggi - primo fra tutti la vodka - largamente disponibili, ma anche di intrecciare relazioni d’affari, molte delle quali destinate a produrre risultati concreti già nel breve termine. Proprio grazie a questo mix di contatti “in” and “off” padiglione, anche per Tanexpo si sono aperte ottime prospettive con diversi produttori polacchi molti dei quali, meglio sarebbe fossero tutti, saranno certamente presenti con i propri stand a Bologna il prossimo anno. Anche numerosissimi visitatori sono attesi, organizzati dalla Polska Izba Pogrzebowa (la Camera Polacca di Pompe Funebri, attiva dal 2002) con in testa il presidente Witold Skrzydlewski, offrendo così a coloro che esporranno in Italia ulteriori opportunità d’affari su un mercato appetibile e con il vantaggio di incontrare operatori di più di 50 Paesi, tutti clienti potenziali.
Il profilo del mercato polacco si è sostanzialmente modificato nel giro di pochissimi anni. Chi ricorda, ed è il nostro caso, la prima fiera funeraria, nella seconda metà degli anni ‘90 del secolo scorso, può ampiamente testimoniarlo. Eravamo a Wroclaw, la famosa Breslavia delle tante paci, nella Hala Ludowa (il palazzo dello sport), un cupolone dove occupavamo un corridoio circolare, situato alla base, da cui si dipartivano le scale che salendo davano accesso alle gradinate degli spettatori. L’atmosfera era resa tetra dalla vetustà dei luoghi, testimoni delle concezioni architettoniche di un’epoca, grazie a Dio, ormai lontana e che aveva ridotto la Polonia, così come tutti gli altri Paesi del cosiddetto “blocco socialista”, in condizioni miserevoli che avevano portato la speranza di vita (55/60 anni) delle genti di quelle contrade a livelli da terzo mondo. Chi scrive conosce bene, per averci operato per moltissimi anni in campo medico, le realtà sanitarie allucinanti di nazioni che solo coloro che avevano gli occhi foderati di prosciutto non potevano, anzi non volevano, vedere. Le cellule del partito che in Italia esaltavano i successi di quel mondo, presupposto nuovo e giusto (si è visto più tardi come stavano le cose ...), organizzavano per i più fedeli bei viaggi nel nuovo paradiso dei lavoratori in occasione dei quali, dopo un balletto di belle ed “accoglienti” figliole nei loro costumi policromi e con i fiori nei capelli, una serie di brindisi alla vodka, una visita alla mummia (di cera?) di un nuovo dio in terra, e soprattutto non vedendo nulla delle reali condizioni di vita di quelle genti, rientravano entusiasti in Italia per diffondere la buona novella agli allocchi e ai creduloni che volevano ben prestare loro orecchio. Come si dice nella nostra cara Trieste: “andar baùl e tornar cassòn” per coloro che, andati da qualche parte per vedere qualcosa, ne ritornano senza aver concluso nulla.
In questo caso senza nulla aver constatato delle effettive realtà di quei luoghi. Anche personaggi di primissimo piano della nostra repubblica non avevano esitato a lodare, con flautate parole, le nefandezze commesse in nome della fratellanza dalle truppe sovietiche nei confronti di Paesi, pensiamo all’Ungheria del 1956, che venivano considerati e trattati alla stregua di schiavi. Che dei formali e tardivi ravvedimenti (quanto sinceri e non “strategici”?) siano intervenuti successivamente, non cambia assolutamente nulla al fondo del problema che rimane quello della cecità colpevole di persone che, pur apparentemente intelligenti, si lasciavano obnubilare dalle fumosità di una ideologia che in quanto a milioni di morti ammazzati non ha nulla da invidiare alle performances del sifilitico di Braunau am Inn. Noi triestini siamo particolarmente sensibili a tali aspetti della storia recente. Nella nostra infanzia vivevamo con l’incubo di far parte di un Paese che dopo essersi distinto nel genocidio nei confronti degli italiani (solo da pochi anni la realtà delle “foibe”, che per noi era pane quotidiano, è venuta a galla grazie al presidente Ciampi) rivendicava, con l’appoggio di Gran Bretagna e Francia, la città giuliana volendo portare il confine sull’Isonzo. Si sapeva come andavano le cose dietro la cortina di ferro che era alle porte di casa (nel mio caso ad 8 chilometri) e le testimonianze degli esuli istriani cacciati dalle loro terre era univoca. Tanto più incredibili ed abietti paiono i comportamenti di quei “compagni” che al passaggio in stazione di Bologna dei treni che trasportavano quei poveri cristi nei campi profughi del mezzogiorno scagliavano sassi e sputi contro le vetture insultando i passeggeri colpevoli di fuggire dall’inferno titino. Oppure, e con ciò finiremo, la sorte ben meritata toccata a quegli operai del cantiere di Monfalcone che, presi da una incoercibile voglia di vivere nel nuovo paradiso, si erano precipitati alla fine del conflitto in Istria o più lontano nella “Federativa” per finire quasi tutti (essendo di origine italiana e quindi, nonostante la professione di fede, sospetti, tanto più che nella fase della rottura dei rapporti nel 1948 tra Belgrado e Mosca essi erano filorussi) nella non esattamente confortevole isola di Goli Otok (Isola Calva), uno dei campi di concentramento più bestiali e mostruosi della storia a poche miglia marittime da Fiume. Molti ci lasciarono le penne.
Parentesi chiusa. Ritornando alla prima fiera, non solo il luogo era tetro, grigio, da magone insomma, ma i prodotti proposti non contribuivano a risollevare il morale. Oggetti orribili completamente scomparsi in meno di vent’anni. Oggi Necro Expo, grazie anche al lavoro indefesso dei gentilissimi Marcin Musial e Marcin Paszowski, si svolge in ambienti che sostengono facilmente il confronto con i migliori centri espositivi europei e i prodotti sono generalmente di buon livello con punte di vera eccellenza. Pensiamo alle composizioni floreali della Skrzydlewska, alle urne di Sadowski e della Bea Stone o, ancora, alla gamma presentata da Rubicon & Vicinus e da Hygeco Polska. Dalla merceologia esposta risulta, chiarissima, una tendenza, riscontrata in moltissimi altri Paesi: la progressione della cremazione ha ormai raggiunto in Polonia percentuali altissime nel nord, con flessioni importanti nel sud (un po’ come accade da noi), per attestarsi su una media nazionale del 20%. Il che non è poco in uno stato dove i decessi superano i 400.000 casi all’anno e dove la Chiesa, spesso tradizionalista ed ancorata a vecchi pregiudizi, è fortemente presente. È un altro fattore che ci accomuna alla Polonia. Non a caso i polacchi sono considerati i “latini dell’Europa Centrale”, espansivi, gioiosi e pronti ad infiammarsi nelle relazioni amichevoli.
Non solo condividiamo tali sentimenti, ma li avvertiamo tanto più fortemente, in tema di entusiasmo, al contatto con le deliziose e venuste fanciulle polacche. Siamo a medie altissime come nella vicina Ucraina dove un giorno, era all’imbrunire di una bella giornata primaverile, Nino Leanza, il rimpianto amico e “creatore” di Tanexpo (Alberto, suo figlio, era anche lui a Kielce), ed il sottoscritto passeggiavamo per le strade della bella Lvov (Leopoli), la capitale della Galizia ucraina, circondati da schiere di avvenenti fanciulle che ai primi caldi avevano smesso le tenute invernali. Uno spettacolo! tanto che con Nino ci siamo messi a cercare una racchia, almeno una!, senza riuscirci e giungendo alla conclusione che o erano chiuse in casa a doppia mandata oppure non esistevano. Propendemmo, con un certo compiacimento occorre dirlo, per la seconda ipotesi.
Ma torniamo a Necro Expo. La presenza italiana è stata significativa e di qualità per quanto riguarda gli espositori, mentre per ciò che è dei visitatori, a conferma di una tendenza già riscontrata nelle ultime occasioni, è stata quasi nulla. I nostri connazionali sembrano sempre meno propensi a viaggiare! Da segnalare il Gruppo Vezzani che oltre alle linee abituali (Ceabis, Stiltecno, Vezzani Bronzi) ha concentrato gli sforzi sul suo nuovo forno crematorio, di cui un bel modellino ornava lo stand, per adattarsi alle richieste del mercato. Sempre in tema di forni la Gem del Gruppo Matthews era egualmente presente e Fabrizio Giust ci ha espresso la propria soddisfazione per come vanno le cose in Polonia dove l’azienda ha già installato un notevole numero di impianti con ottime prospettive per il futuro. I carrozzieri italiani non hanno bisogno di essere presentati. C’erano, è vero, i due big tedeschi Kuhlmann e Rappold, ma la parte del leone se la sono giocata Pilato, che in Polonia trova grandi risultati per la qualità intrinseca ed indiscussa delle sue realizzazioni e per l’azione commercialmente eccellente di Massimiliano Ronzat, e Intercar, presente con Vanni Gualtieri ed anch’essa attiva già da un bel po’ su quel mercato dove storicamente ha riscosso ampi successi con modelli che ormai fanno parte della storia.
Lasciamo quindi con un certo rimpianto Kielce e tutti gli amici, che peraltro ritroveremo presto, preparandoci per la pausa estiva, certi che ognuno di noi ne approfitterà per ricaricare le batterie e per affrontare in piena forma i futuri impegni che auspichiamo portino a grandi e ben meritate gratificazioni. Buone vacanze a tutti!
 
Il Viaggiatore


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