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Che significa il suono dell'orologio?

Ciro di Pers era un nobile friulano. Nato nel 1599 nel castello avito di Pers appunto, entrò - in seguito ad una delusione amorosa - nell'ordine dei Cavalieri Gerosolimitani. E in tale veste si recò a Malta, prendendo parte ad una spedizione militare contro il Turco. Nella sua esistenza esteriore questo fu, a quanto pare, l'unico evento saliente: trascorse il resto della vita nel proprio palazzo di San Daniele. Una esistenza appartata dunque, e mantenutasi tale anche nei confronti della "mondanità" culturale e letteraria, che non impedì però a Ciro di Pers di essere scrittore e poeta fra i più importanti della prima grande stagione della lirica barocca in Italia.
Il mondo, anzi l'universo come immane meccanismo funzionante secondo ferree leggi fisiche: una concezione che cominciava a diffondersi presso le classi colte nel secolo XVII, con le inevitabili conseguenze riguardo al destino dell'uomo all'interno di esso. Ecco dunque Ciro di Pers scegliere come argomento un oggetto di uso quotidiano, l'orologio meccanico, e farne l'emblema di quel meccanismo inesorabile, e soprattutto del destino di mortalità che incombe sull'esistenza.
L'orologio a rote è il titolo del sonetto, che subito inizia con una ardita immagine, tipicamente barocca: i denti degli ingranaggi sono quasi le fauci di un mostro che lacera, che sminuzza, in ultima analisi che distrugge il tempo della nostra vita, ed il suo moto è ammonimento di morte:

Mobile ordigno di dentate rote
lacera il giorno e lo divide in ore,
ed ha scritto di fuor con fosche note
a chi legger le sa: sempre si more.

Il rintocco metallico della campana che segna le ore ha un'eco lugubre: nulla meglio di questo suono potrebbe esprimere il procedere malvagio del destino (il rio tenore del fato):

Mentre il metallo concavo percuote,
voce funesta mi risuona al core;
né del fato spiegar meglio si puote
che con voce di bronzo il rio tenore.

È un suono che richiama quello di strumenti guerreschi, timpani (tamburi) e al tempo stesso trombe, che spingono a non sperare mai tregua nell'inutile lotta contro il tempo che tutto divora:

Perch'io non speri mai riposo o pace,
questo che sembra in un timpano e tromba,
mi sfida ognor contro l'età vorace.

E il suono della campana, ancora, sembra voler affrettare col suo rimbombo il rapido scorrere della vita (il secolo fugace) per poi trasformarsi, conclusivamente, in un bussare al sepolcro chiedendogli di aprirsi:

E con que' colpi onde ‘l metal rimbomba,
affretta il corso al secolo fugace,
e perché s'apra ognor picchia a la tomba.

Il trascorrere del tempo altro non è, ci ricorda il poeta descrivendo il suo orologio meccanico, se non un procedere, ineludibilmente, verso la morte.
 
Franco Bergamasco

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