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Imbrogli di scrittori

La casa in cima alla collina era una isolata costruzione in legno e pietra. Una dimora modesta, ma arredata in modo semplice e molto accogliente. La finestra della stanza guardava i monti e i loro profili, maschi e lucenti.
La finestra dava licenza allo sguardo di volare lontano ogni volta che il cielo azzurro rendeva l'animo sereno e meditativo. Quando invece il clima si faceva bigio, l'orizzonte diventava breve. Allora il pensiero dell'uomo rimaneva a rotolare inquieto e prudente dentro alla mente.
L'uomo, piacente nel suo essere normale, era seduto lì, chino sul lavoro, ma in realtà era distante. Vagava immerso nel fiume delle emozioni, travolto da sensazioni che non si sa bene se gli entrassero dentro oppure sgorgassero fuori. Era ispirato da una ignota fonte di grida, di sospiri, di oscuri tormenti, di violente passioni, di visioni di panorami, di suoni, di profumi, di tizzoni ardenti di amori lontani. L'uomo, eccitato da un'arte confitta nel cuore e strappata al cervello, in quel luogo e in quel mentre stava componendo il suo più bel romanzo.
Il romanzo era un grido di dolore, una supplica, una cocente analisi delle sofferenze che affliggono il mondo in questo triste momento, anno violento del Signore, alba del nuovo secolo che ha salutato il ‘900. Era una sequenza di allegorie, di domande e di grigie risposte sulla misteriosa crudeltà latente del genere umano. Travagli e pene di uno scrittore.
Lo scrittore era dentro, camminava tra le parole e il loro spietato, dipinto, declamato senso. Nel romanzo brandiva vita il rispetto per la morte, si faceva evidente tutto ciò che troppa gente ignora o preferisce non vedere: ogni vocabolo scandiva il sapore di un colore, il fruscio del male, tutto il bello del nostro mondo che, troppe volte offeso, soffre paziente. Nella stanza della casa sulla collina l'uomo, lo scrittore, chino sul romanzo, scriveva alacremente. Scriveva dei suoi tormenti, ma in fondo al cuore e sopra ai fogli bianchi, lentamente prendevano corpo e volto il sogno e la speranza, cacciando via ogni scelleratezza con una tenera storia romantica che odorava di erotica armonia.
La storia di una donna bellissima che stesa tra le pagine, sensuale e gentile, aspettava un uomo là, in una casa bianca in riva al mare. Ella spingeva lo sguardo bruno oltre l'orizzonte, mentre in fondo all'animo fremeva. Con la sua sola, soave presenza, cancellava ogni bruttura che appesta il mondo, e l'amore forte, vero e passionale, era l'angelo che annienta il demone annidato in ogni essere, segreto e tentatore. Lo scrittore l'amava talmente che, pur d'essere egli stesso carne e mente fatta di parole, l'avrebbe raggiunta nella sua storia, abbandonando il pianeta e tutta la sua gente.
L'Angelo, che può anche essere un nome, fu lieto di essere stato chiamato in causa in una vicenda così densa di significati, di emotività, di attente riflessioni, e segretamente ne andava fiero, peccando un po' di umana presunzione. Durante la notte si prese la libertà dell'inconsueta decisione.
La notte, che reclama un po' di riposo, aveva visto lo scrittore addormentarsi con il volto poggiato sull'ultimo capitolo. Aveva trascorso ore tra i luoghi e i volti che nascevano nelle pagine del suo lavoro fino a quando il blu del cielo si era tramutato in viola e quindi in nero. All'alba si era risvegliato in un mondo nuovo, eppure familiare. Smarrito camminava.
Camminava stupito tra panorami decadenti, volti tesi e litigiosi, sanguinari atti violenti e tutte le sofferenze che affliggono il mondo. Attorno a sé scorreva una sequenza di dure allegorie che gli imponevano domande e grigie risposte sulla misteriosa crudeltà latente del genere umano. Vagava tra sospiri, oscuri tormenti, violente passioni, visioni di panorami, suoni, profumi, tizzoni ardenti di amori lontani. Sbalordito, si rese conto d'essere diventato protagonista nel suo stesso romanzo. Non era un sogno, era un'altra forma di esistenza tra parole vive sulla carta bianca.
Non è certo facile trovarsi catapultati dentro un altro pianeta frutto della fantasia, della passione, della creatività, della propria estrema soglia d'attenzione. Potrebbe sembrare una follia, ma la grandiosità dell'evento per certa gente d'arte può anche significare il massimo della felicità: inventarsi un mondo e quindi farne parte.
L'uomo di carta sapeva dove andare. Dopo alcune pagine di duro cammino, vide di lontano una casa bianca in riva al mare. Dentro vi era una donna bellissima, buona e gentile. Con la sua sola, soave presenza, cancellava ogni bruttura che appestava il romanzo. L'uomo l'amava talmente che, pur di essere parola ridiventata carne, si sarebbe sradicato dalla storia, abbandonando il racconto e tutta la sua gente. La vide finalmente! Così com'era, deliziosa, ma irraggiungibile chimera.
La casa era isolata, una modesta costruzione in tufo e pietra che pareva poggiata sul mare. Dalla stanza si poteva spingere lo sguardo lontano, seguire il percorso tiepido del sole che invita a ragionare con languide parole d'amore.
La stanza, arredata in modo semplice, ma molto accogliente, aveva una finestra che autorizzava il pensiero a volare lontano. Dava sulle onde, flessuose armonie femminili, volubili e festanti. Conturbanti come la donna bella e i suoi pensieri, molli, estrosi e trascinanti.
La donna era seduta ad una scrivania posta di fianco alla finestra. Pareva china sul suo lavoro, ma in realtà era molto distante. Era immersa nel fiume delle emozioni, travolta dalle sensazioni che non si sa bene se le entrassero dentro oppure sgorgassero fuori. Stava compilando il suo più bel romanzo.
Il romanzo era un grido di dolore, narrava del male che ferisce il mondo, ma la cura contro la crudeltà latente dell'uomo vive spontanea nell'animo poetico e romantico che favoleggia d'amore. Delicatezza e sogno di scrittrice.
La scrittrice penava, soffriva, poi spingeva lo sguardo bruno verso il mare e raccontava d'un uomo delicato e passionale. Mentre ne scriveva lei lo amava. Amava il protagonista del romanzo come fosse vivo, lo sentiva accanto a sé e dentro di sé, puro ed eccitante. Impertinente angelo, sensuale e provocante. La donna avrebbe voluto uscire dalla stanza, entrare nella storia e viverla, abbandonando il mondo e tutta la sua gente.
Angelo camminava stupito, autore e spettatore, tra le pagine del suo luogo indefinito, fatto di un tutto vero e inesistente...
 
Carlo Mariano Sartoris

... Parole scritte, remoti suoni muti che sanno stupire, fare male, ridere o eccitare. Che infingardo mestiere quello di scrittore! Che mondo infinito il suo, fatto di racconti, libero e schiavo d'un esile pensiero! Strazio, baldoria, grida, languidi amori! Solo gli autori sanno quanto i romanzi siano sinceri, sentiti, oppure imbrogli d'inchiostro astutamente camuffati...
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