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Emergenza virale

La rapida diffusione del corona virus in Italia e nel mondo, uno dei momenti più bui della storia moderna.

È arrivato. Silente, subdolo, incontrollabile. Si è spostato senza farsi notare da un continente all’altro viaggiando indisturbato senza bisogno né di passaporto né biglietto. È entrato nelle nostre case senza bussare, si è insinuato nelle nostre vite mettendo in discussione ogni certezza. Un nemico invisibile, identificato con la sigla Covid-19, quasi a richiamare il nome in codice di un agente segreto: è  il nuovo temutissimo virus appartenente alla famiglia dei  coronavirus, capaci di modificarsi per passare dagli animali all’uomo.

Un evento rarissimo, secondo gli esperti, e ancora più raro è il suo proliferare così rapidamente da persona a persona. Ma tant’è, il numero dei contagiati sembra inarrestabile e nel mondo la mortalità al momento si sta attestando su una cifra attorno al 2,5%. Non è la prima volta che  nell’era moderna accade qualcosa di simile, basti pensare alla SARS dei primi anni Duemila, decisamente più letale con un tasso di mortalità del 10%. Ma questa volta ci troviamo di fronte ad una propagazione del contagio molto elevata, quasi incontenibile e l’unico mezzo per contrastarla rimane l’isolamento.

Tutto sembra aver avuto inizio dalla città Wuhan, una metropoli di  11 milioni di abitanti, di cui fino a poche settimane fa pochi di noi ne conoscevano l’esistenza. E lì tutto si è fermato con l’intera provincia di Hubei (60 milioni di abitanti), isolata da uno stretto cordone sanitario. Città spettrali, attività sospese, scuole chiuse, per le strade solo gli addetti protetti dalle tute bianche a spargere disinfettanti… scenari inquietanti da guerra batteriologica che fanno tornare alla mente la descrizione delle terribili pestilenze di manzoniana memoria. Vedere costruire ed entrare in funzione due ospedali in soli dieci giorni è stato impressionante tanto che ci siamo chiesti se i numeri forniti dalle autorità di un Paese che non gode di libertà di informazione, siano veritieri o se siano stati fortemente ridimensionati.

La distanza che ci separa dalla Cina ci dava una percezione di sicurezza, eravamo convinti che bastasse tenere a bada qualche viaggiatore proveniente dal continente asiatico per stare tranquilli. Ora sappiamo che non era così o per lo meno non è stato abbastanza. Adesso la Cina siamo noi e anche noi abbiamo dovuto fermarci, mettere tutto in discussione, stravolgere le nostre abitudini, affrontare atavici timori e contare i nostri morti. Il panico serpeggia e le notizie rimbalzano tra una cronaca dai toni sempre più cupi e rassicurazioni sempre più flebili. La verità è che Il contagio è facile, non esiste un vaccino, non esiste una cura e gli ospedali sono al collasso. Ci rendiamo conto di quanto l’essere umano sia fragile ed impotente. E abbiamo paura, come si teme tutto ciò che è sconosciuto, su cui non si può esercitare un controllo e a cui non sappiamo come opporci.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), per sua stessa ammissione, all’inizio ha sottovalutato la situazione innalzando nel giro di pochi giorni l’allerta da rischio moderato ad elevato fino a decretare lo stato di pandemia. Gli scienziati affermano che finché si riuscirà a delimitare la zona di propagazione, l’epidemia si attenuerà fino ad esaurirsi in modo naturale, come è avvenuto con la SARS. Ma il mondo è sempre più piccolo e le interconnessioni sempre più frequenti. Sappiamo che anche una persona asintomatica può essere positiva e pertanto veicolo di diffusione. Rimanere il più possibile chiusi in casa, al momento è la difesa più efficace e l’unica possibile.

Viene da chiedersi perché in Occidente ad oggi solo l’Italia sia stata così pesantemente colpita. Sicuramente come ebbe a dire il virologo Francesco Broccolo, dell'Università Bicocca di Milano in un’intervista rilasciata all’ANSA nei primi giorni di questa situazione emergenziale (parliamo all’incirca del 22 febbraio) “In Italia sono stati fatti almeno 6.500 test e meno di 500 in Francia. Noi che stiamo cercando il virus lo abbiamo trovato ed è questo il primo motivo dell'alta incidenza di nuovi casi". Questa affermazione presuppone che Il virus fosse già presente nella Penisola da qualche tempo, come lo era, anche se “in incognito”, in molte altre nazioni europee, solo che noi lo abbiamo cercato per primi. Non sappiamo se questa sia l’unica vera ragione, perché alla luce degli sviluppi degli ultimi giorni unicamente nel nostro Paese i casi gravi e i decessi hanno raggiunto cifre da bollettino di guerra.

Il resto d’Europa e anche l’America, che in un primo momento sono state a guardare incredule e attonite  ciò che sta succedendo da noi, ora si trovano a gestire una situazione analoga. Per quanto riguarda il continente africano, abbiamo ancora pochi dati ma è ragionevole supporre che il covid-19 sia già in circolazione con preoccupanti conseguenze per la mancanza di servizi sanitari adeguati e per le condizioni igieniche non sempre ottimali che affliggono quei Paesi: due circostanze altamente vantaggiose per il virus.

Negli ultimi giorni dalla Cina arrivano segnali confortanti: le guarigioni hanno da settimane superato il numero dei contagi che a loro volta sono in forte  rallentamento. Questa è la riprova che le misure energiche che anche il nostro Governo è stato costretto a mettere in atto, funzionano. La quarantena non deve spaventare, ridurre drasticamente la vita sociale non deve essere motivo di nervosismo: sono i soli strumenti per contenere la diffusione del virus e attenersi alle direttive emanate dagli enti preposti è doveroso. Quindi l’invito alla calma è d’obbligo, minimizzare, arrabbiarsi o farsi prendere dall’ansia non aiuta.

Vogliamo essere ottimisti e dare per assodato che presto l’incubo avrà fine. Tuttavia la conta dei danni sarà enorme e non solo in termini di vite umane, ma soprattutto per le ricadute sull’economia le cui conseguenze sono già incalcolabili. Lo stile di vita occidentale, basato sulla libera circolazione delle persone e delle merci, è stato scosso nel suo profondo e niente sarà più come prima.
 
Raffaella Segantin



RACCOMANDAZIONI UTILI

La presenza del covid-19 comporta una serie di norme emesse dalle varie Regioni e il rispetto di particolari attenzioni a cui gli operatori del settore funebre devono adeguarsi. Per evitare l’assembramento di più persone in luoghi sia chiusi che aperti, lo svolgimento dei funerali deve avvenire alla sola presenza dei parenti più stretti e deve essere di breve durata. Analogo discorso per quanto riguarda la veglia della salma nelle case funerarie o sale del commiato che deve essere riservata ai soli familiari, indipendentemente dalla causa del decesso.

Al momento del prelievo della salma vanno poi messe in campo tutte le misure necessarie per garantire la massima sicurezza: l’operatore dovrà munirsi di adeguati dispositivi di protezione per scongiurare ogni contatto, in particolare dovrà indossare le mascherine con classificazione FFP3, utilizzare guanti e occhiali protettivi usa e getta, oltre a seguire le raccomandazioni generali rivolte a tutti i cittadini, come quelle di lavarsi e disinfettarsi spesso le mani. Si raccomanda inoltre di sanificare regolarmente gli ambienti di lavoro (sia gli uffici che gli eventuali spazi dove vengono accolte le salme) che i mezzi trasporto.
Alcune Regioni hanno inoltre vietato il trasporto a cofano aperto e la manipolazione delle salme, invitado ad evitare la vestizione.

Poiché la situazione è in continuo divenire aggiornamenti e ulteriori indicazioni possono essere ottenute consultando le ordinanze emesse dalle varie Regioni e dal Ministero della Salute.

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