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Carmelo Pezzino
Un recente intervento del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Angelo Bagnasco, a molti è sembrato essere un segnale di apertura della Chiesa Cattolica nei confronti di una futura legge sul così detto testamento biologico.
In realtà Bagnasco si è espresso più che altro a sostegno di un "favor vitae": no all'eutanasia in tutte le sue forme e all'abbandono del malato; no all'accanimento terapeutico, ma nessuna possibilità di sospendere l'alimentazione e l'idratazione; favore alle cure palliative e alla terapia del dolore, come ad ogni forma di assistenza e di sostegno al malato e alla famiglia. Il cardinale ha auspicato un rafforzamento della relazione medico-paziente basata sull'alleanza terapeutica quale luogo in cui si collocano sia le volontà del paziente, dichiarate in modo certo e inequivocabile, sia la responsabilità del medico di valutare in scienza e coscienza ogni situazione clinica nel rispetto del bene supremo della vita.
Il testamento biologico sottende il concetto di autodeterminazione in relazione alla propria morte, mentre la Chiesa ritiene che la vita non sia a disposizione di nessuno e che la persona non possa determinare la propria fine. Parlare di "legge sul fine vita" significa invece parlare di un intervento normativo per proteggere la vita e per rendere degno il momento della fine della propria esistenza.
Vediamo in sintesi su quali principi si basa tale posizione.
1. Nessuno può trasferire ad altri diritti che non possiede egli stesso. Il testamento biologico serve a dare indicazioni a chi ci ha in cura sui trattamenti che vorremmo o non vorremmo ricevere. Non possiamo però, attraverso il testamento biologico, dare l'ordine di essere uccisi. Non possiamo dare questo ordine quando siamo coscienti, né possiamo darlo, a maggior ragione, quando siamo incoscienti.
2. Il trattamento terapeutico è un atto in cui convengono la libertà e la responsabilità di due persone, il medico ed il paziente, che devono provvedervi con scienza e coscienza. Non è possibile ridurre il medico a livello di esecutore di ordini che vadano contro la sua coscienza.
3. Nessun trattamento può essere imposto al paziente contro la sua volontà, ma dobbiamo domandarci in cosa consista la volontà vera del paziente. Quanto più l'espressione di volontà appare contraria al suo interesse, tanto più è necessario avere espressioni di volontà inequivocabili. E anche quando vi fossero, sarebbero da considerare sempre valide? Qualora si allontanino dalla ragionevolezza, il medico ha il diritto e il dovere di disattenderle?
4. Esistono circostanze nelle quali è inutile insistere con trattamenti terapeutici che non sono in grado di portare più alcun giovamento e che ritardano solo la morte a prezzo di gravi sofferenze per il paziente. In tali circostanze è giusto interrompere il trattamento. Vi è, naturalmente, un'area di indeterminatezza. Quale è il limite oltre il quale inizia l'accanimento terapeutico?
5. Quando si sospendono le terapie non si può però far venire a mancare al paziente un elementare sostegno. Si continuerà a nutrirlo, a dissetarlo, a tenerlo pulito, ad avere cura per quanto possibile del suo benessere. Queste non sono terapie straordinarie, ma atti di semplice assistenza comunque dovuti ad un essere umano che soffre.
È un tema delicato sul quale rifletteremo ancora in futuro invitandovi a manifestarci il vostro pensiero.
Veniamo brevemente ad altro.
Abbiamo spesso sottolineato come negli ultimi anni siano fortemente cresciuti il senso etico e la consapevolezza degli operatori funerari italiani. Tutti, poi, consideriamo la "civilissima" Milano come una metropoli internazionale all'avanguardia, proiettata al centro dell'interesse planetario anche grazie all'ormai imminente Expo del 2015. Stupisce quindi avvertire con sempre maggiore insistenza, in questo contesto, un forte, diffuso e crescente malessere della categoria; e sconcerta assistere, sbigottiti ed impotenti, ad atti criminosi degni delle più efferate organizzazioni mafiose. Di tali atti è rimasto vittima un importante Operatore Funerario milanese al quale vogliamo pubblicamente esprimere, a nome di tutte le persone per bene, la più totale solidarietà.
Un'ultima, velocissima riflessione su un argomento che approfondiremo perché investe dinamiche fondamentali per il nostro comparto. Il 30 settembre il Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato una legge in materia di cremazione nella quale, per contrastare gli effetti inquinanti e per ridurre i tempi di combustione, è previsto l'impiego di feretri in materiali naturali quali vimini, cartone pressato e iuta. Il legislatore ritiene così di aver soddisfatto ogni giusta necessità ambientalista. Ma è una grandissima baggianata, frutto di assoluta disinformazione e, forse, di spinte lobbistiche improntate a ben altre logiche e a ben altri interessi!
Buona lettura a tutti!
 
Carmelo Pezzino

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