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Nel deserto spuntano le oasi

Da sempre nei miei articoli mi dolgo della carenza di deontologia che caratterizza gli operatori funebri. Deontologia intesa non solo come conoscenza delle norme che codificano la professione e del loro rigore applicativo, ma, prevalentemente, come "rispetto" nella molteplicità dei suoi aspetti e nel significato più ampio del termine. Quindi rispetto per le famiglie colpite da eventi luttuosi, rispetto per le spoglie mortali dei trapassati, rispetto per gli ambienti in cui espletiamo gli incarichi affidatici ed anche rispetto per i colleghi. Ai quali non si devono riservare critiche gratuite, denigrazioni ingiustificate o animose contestazioni di principio solo perché concorrenti sul piano commerciale; bisogna dimostrare loro rispetto immedesimandoci, sostenendo il valore delle prestazioni, collaborando in presenza di eventuali difficoltà, impreziosendone la professionalità, aiutandoli ove occorra, mettendo a disposizione le nostre strutture e le nostre attrezzature e rinunciando a speculare sul loro lavoro.

Di tanto in tanto mi giungono lettere di compiacimenti, di condivisione e di apprezzamento, come quella pervenutami il 4 luglio da un (ex, per me) collega del modenese, che così si esprime: "Leggendo la rivista Oltre Magazine ho sempre apprezzato il suo pensiero sferzante ma vero, carico di umanità, in un settore dove il deserto sta prendendo il sopravvento".

Fra l'altro, richiedendo una copia del mio libro "Il dito nella piaga", afferma: "Dal 2002, a malincuore, ex socio Feniof, federazione nella quale ho sempre creduto ma della quale, ora, non condivido più la filosofia di base". Tralasciando gli spunti che la riprovazione della 'filosofia di base' di Feniof mi suggerirebbe, quello che mi ha colpito di codesto giovane impresario è lo sfogo racchiuso in una piccola, semplice frase: "in un settore dove il deserto sta prendendo il sopravvento".

Mentre meditavo sui contenuti di quella lettera mi arrivò una telefonata da parte di un conoscente il quale, percorrendo l'autostrada, mi preavvisava che a breve avrebbe avuto bisogno dei miei servigi. E mi spiegava che stava recandosi a Roma dove, in un rinomato ospedale, la sorella, già ricoverata da tempo, si trovava in fase irreversibilmente terminale. Sopraggiunta la morte il 5 mattina, contatto immediatamente un mio amico e collega della capitale affinché provvedesse per mio conto alla vestizione, alla sistemazione della salma ed alla preparazione della documentazione necessaria al trasferimento della defunta nella mia città, previsto per il giorno successivo 6 luglio. Onde ottemperare nel più breve tempo possibile a tutte le incombenze, pregavo il collega di fornire anche un bel cofano di ottima qualità, semplice e sobrio, non sfarzoso ma elegante, di buona fattura e di alto livello qualitativo, possibilmente in legno di rovere naturale. Comunque degno della defunta che avrebbe dovuto contenere, appartenente ad una delle famiglie delle Foggia bene, il cui fratello era stato per un ventennio Presidente Provinciale della Confcommercio, Presidente della Camera di Commercio, Presidente dell'Ente Provinciale del Turismo e tuttora personaggio di spicco della vita locale in quanto Capo Gruppo di uno dei più grossi partiti politici presso l'Amministrazione Provinciale, nonché proprietario di alberghi e ristoranti famosi in città ed in alcune rinomate località turistiche del Gargano. Un servizio 'importante', per il quale necessitava un cofano altrettanto 'importante'.

Il mio amico di Roma afferra la situazione e si mette in contatto personalmente con il personaggio da me illustratogli. Dopo un'oretta buona mi chiama per ragguagliarmi sulla situazione e per dirmi che la defunta sarebbe rimasta nella cella frigorifera per tutta la giornata del 5, per essere composta nella bara soltanto la mattina del 6, a sole due ore dalla partenza. E per ciò gli sembrava opportuno e giusto che la bara la inviassi io, da Foggia, piuttosto che fornirmela lui, stante che c'era tutto il tempo e che, comunque, il mio carro funebre avrebbe dovuto raggiungere la capitale proprio il 6 mattina. Inoltre lui si sarebbe sentito sollevato dall'incarico di una scelta delicata, della quale lo avevo investito. Ovviamente la profferta del collega mi apparve corretta, onesta e leale e, ringraziandolo calorosamente, aderii senza alcuna esitazione. L'indomani, 6 luglio, di buon'ora, il mio carro funebre giunge a Roma, con un cofano prestigioso, e nel pomeriggio rientra a Foggia, contenente le spoglie della defunta signora.

Questa la cronaca stringata dei fatti per concludere che è vero che il nostro settore sta assumendo la connotazione del deserto arido ed impraticabile, ma, così come nel deserto sopravvivono rigogliose e lussureggianti oasi, che danno conforto e refrigerio al viaggiatore stremato, anche nel nostro comparto ci sono 'oasi' di correttezza, di spirito di collaborazione franca e sincera che, sicuramente, travalicano il meschino tornaconto momentaneo per guardare più lontano: alla conservazione di una amicizia, alla dimostrazione che si può vivere ed operare anche rinunciando ad approfittare di situazioni contingenti, alla concreta attuazione di un principio etico basilare che vuole la moralità sovrintendere ad ogni attività umana, anche a quella mercantile.

Quanti colleghi - mi chiedo - avrebbero rinunciato a speculare sulla mia urgente necessità di avere un cofano di prestigio a disposizione con immediatezza, pur essendo 400 chilometri lontano dal posto ove l'evento lo richiedeva? Quanti impresari arrivisti, venali e privi di scrupoli, avrebbero sfruttato quella occasione per 'vendermi' un cofano di alto livello qualitativo applicandomi una 'cresta' esagerata se non proprio ricattatoria? Il collega della capitale poteva benissimo non mettermi al corrente del particolare che la salma sarebbe stata composta solo l'indomani mattina e fornirmi il suo cofano. Ha preferito, invece, a tutto suo merito, aggiornarmi della reale situazione e lasciare a me la decisione che non poteva essere che quella che ho preso.

È vero, dunque, che nel deserto domina il costume del "si salvi chi può", ma è anche vero che fra le dune assolate svettano le palme del buon comportamento, della cortesia, della correttezza.

Pochi anni fa ebbi l'incarico da un collega di preparare, per suo conto, le pratiche per il trasporto di un sacerdote deceduto a seguito di incidente stradale. I familiari, però, non avevano voglia di attendere che la bara arrivasse dal loro paese e mi facevano pressioni perché gliela fornissi. Informai telefonicamente il collega che mi consentì di provvedere. Quando giunse a Foggia e mi chiese il costo di tutta l'operazione, forse meravigliato dalla equità - per non dire esiguità - della somma, mi chiese e richiese ripetutamente conferma se nel prezzo indicato fossero compresi il cofano e tutti i relativi accessori (zinco, imbottitura, valvola, salvazinco, targa anagrafica), nonché le prestazioni effettuate dal mio personale e la disponibilità di catafalco e candelabri. Glielo confermai e non fece che ringraziarmi calorosamente.

Episodi siffatti non dovrebbero essere celebrati come eventi eccezionali, ma dovrebbero essere prassi costante, norma comportamentale quotidiana. Dopo questa breve folata apologetica, tornando all'argomento principe, a rigore di logica non dovrei rendere di pubblico dominio i nomi dei due colleghi ai quali questa nota è riferita, dal momento che la diffusione dei loro nomi potrebbe suonare come una sorta di pubblicità gratuita. Ma in questo caso vorrei fare una eccezione, provando ad estorcere al direttore di questa rivista il permesso di gridare questi due nomi: il modenese è Rocco Paltrinieri ed il romano risponde al nome di Vittorio Natangeli.

Episodi del genere meritano di essere divulgati ed i loro protagonisti di essere menzionati. Tanto, in pieno deserto, chi ci sta a sentire?
 
Alfonso De Santis

IL PENSIERO DI... UN LETTORE

Egregio Signor De Santis,
leggo sempre con attenzione i Suoi articoli su Oltre Magazine e condivido le tesi da lei esposte con chiarezza, almeno per me che, contrariamente a Lei, faccio ancor parte attiva di questo strano mondo.

Se permette, però, Le faccio una critica che vorrebbe essere costruttiva, premettendo che sono fra lo sparuto migliaio che paga da innumerevoli anni la sua quota, per la verità salata, alla tanto vituperata Feniof in base al semplicissimo principio che se non ci fosse sarebbe peggio.

Personalmente, nonostante infuocati scontri, specialmente con l'attuale Presidente Renato Miazzolo, tutte le volte che ho ritenuto di esporre le mie tesi per iscritto, le ho viste pubblicate su l'Informatore o su l'Informasoci senza il cambio di una virgola, salvo quando le stesse tesi sono state esposte dal Signor Samoggia, che lo ha fatto malamente non avendo ben capito e forse distratto dalla discreta quantità di documenti che, penso, si trova sulla scrivania, ma ha prontamente rimediato e con tanto di scuse. Quindi, riterrei più costruttivo per la categoria che, invece di fare assalti all'arma bianca che sanno di acredine a vista, Lei facesse la Sua parte all'interno della Federazione: l'istituzione è democrazia e se la maggior parte dei componenti condividessero le Sue idee il gioco sarebbe fatto. Purtroppo, e parlo per esperienza, la categoria è refrattaria ed anche idee semplici non riescono a farsi strada. Mi sono sgolato per anni senza successo per una modulistica comune, anche se tutti conoscono le difficoltà che si incontrano nel disbrigo di un servizio fuori sede, per il semplice fatto che vengono fornite notizie che non servono ed omesse quelle che servono e che poi devono essere reintegrate da nuove telefonate con moltiplicazione delle difficoltà di comunicazione. Sappiamo tutti che il settore ha vissuto la sua evoluzione partendo da numeri di operatori che si sono ridotti nel momento in cui è stato indispensabile effettuare investimenti che tantissimi non hanno ritenuto opportuno fare, ma quelli rimasti hanno colto l'opportunità per guadagnare di più, non con la riduzione dei costi, ma con l'aumento delle tariffe. Stessa cosa è successa con i produttori del bene principale e abbiamo ritenuto più conveniente acquistarlo pronto, costando di meno che non la produzione in proprio.

Nel frattempo cominciava a pesare, nella produzione del servizio, la parte immateriale, sia come tempo che come difficoltà nell'informazione. In poche parole, avrebbe dovuto esserci una trasformazione da artigianato/commercio a professione, ma a quanto pare si è puntato su altro (pseudocontingentazione delle autorizzazioni/licenze), ed ora su altro ancora, rinunciando anche all'organizzazione della propria azienda, un po' come Esaù che vide solo il piatto di lenticchie. La figura del coordinatore richiede conoscenze sia teoriche che di prassi e la mancata formazione dello stesso può portare a risultati particolarmente odiosi trattandosi di un momento molto particolare per tutti coloro che si trovano coinvolti in eventi del genere. Durante l'esposizione di questa tesi mancò poco che arrivassi allo scontro fisico con un partecipante alla riunione (SIPIF, Pavia) essendo stata interpretata come arroganza e sufficienza nei confronti degli altri partecipanti, che evidentemente non avevano raggiunto brillanti risultati nella loro carriera scolastica e che probabilmente pensavano che tecnologia e merceologia fossero cosa da mangiare.

Evidentemente solo un pazzo si siederebbe ad un tavolo da poker senza conoscere le regole del gioco, perché destinato alla rovina finanziaria, ma tutti si siedono al tavolo del nostro settore senza conoscerne le tante e specifiche regole, rovinando se stessi e gli altri. Personalmente ho sempre condiviso le tesi ben esposte da Pascal Moreaux in Oltre Magazine del mese di giugno (pagg. 46-47), ritenendo un ulteriore valore aggiunto la buona conoscenza delle tecniche di conduzione di una azienda (forse managing andrebbe meglio perché ho notato che piace molto agli impresari, anche se non spiccicano una parola di Inglese, e quando andavano a scuola non stavano attenti perché non essendo multitasking pensavano a come fregare i compagni nei giochi delle biglie, delle figurine o di altri che poi seguirono).

Purtroppo vedo solo treni partire senza che chi può faccia il possibile per salirvi e ci troviamo a ripetere errori su errori che saranno pagati duramente, ma ogni mercato si evolve secondo il comportamento dei suoi partecipanti e non è possibile correggerli razionalmente a meno che gli ammessi a partecipare non presentino determinate caratteristiche di cultura, correttezza professionalità.

Naturalmente, se lo desidera, sono disponibile alla discussione sugli argomenti da Lei trattati ; per me Antigone è una rivista scientifica e come tale destinata a pochi e l'Ing. Fogli un professionista egregio che conosce le regole, oltretutto intelligente e con capacità di comprensione e di risoluzione dei problemi, anche se qualcuno si è premurato di suggerirmi di stare al largo, cosa che ho fatto per difficoltà di comunicazione perché influenzato da tale suggerimento o forse per fatalità. Concludo con quelle che di solito sono le premesse: 55 anni suonati, nel settore perché mio padre e mio nonno erano falegnami e perché a poco più di vent'anni vedevo grosse possibilità di evoluzione, convinto che produrre lucido, macchine o servizi fosse la stessa ed onorevole cosa, a patto che fosse fatta da numero uno e desse un adeguato ritorno economico non necessariamente di grossa mole. Penso di aver dato il mio contributo sia a livello sociale, sia avendo influenzato innovazioni poi adottate da altri. Sposato, due figli ben educati e laureati in anticipo rispetto ai loro corsi (diffidati in giovanissima età a proseguire l'attività del padre, del nonno e del bisnonno e con comportamento congruente a tale diffida rinunciando anche ad una parte nell'educazione che deve essere data), sempre aperto alle innovazioni, se razionali e rispondenti non solo a logiche lucrative, mi ritirerò appena possibile e senza dubbio non mi occuperò più di queste cose perché mi rivolgerei ad una platea di persone che l'esperienza mi permette di definire incredibili nei loro comportamenti e con le quali non vorrò avere alcun rapporto a parte pochissimi che considero amici, ma sempre con beneficio di inventario e perché è un po' come dare la biada….

Colgo l'occasione per i complimenti alla bella rivista (lo sa che prima di voi c'era un'altra Oltre nell'Oltrepo Pavese?), senza ombra di dubbio la migliore delle ormai tante del settore che si ricevono e mi scuso per la lunghezza della presente.
Francesco Boveri

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