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Tanexpo Design & Ricerca

Dare identità alle tombe

Sapete già che due prestigiose istituzioni accademiche, la Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma e l’Accademia di Brera, daranno il proprio prezioso contributo all’iniziativa “Tombe a terra e Cappelle di Famiglia” che rappresenterà a Tanexpo 2010 l’evento speciale della sezione “Ricerca & Design”.
L’Accademia di Brera vede al lavoro docenti e studenti del Dipartimento di Arte e Antropologia del Sacro, coordinati dal professor Andrea B. Del Guercio e dalla professoressa Ida Chicca Terracciano, mentre il gruppo di lavoro dell’Università La Sapienza, coordinato dal professor Stefano Mavilio, è composto dagli architetti Gaetano Bontempo, Daniela Boscia, Tino Grisi, Andrea Marcuccetti, Mauro Pantuso, Ahad Shahhoseini e Claudia Torrini.
Il professor Vincenzo Turiaco, Direttore del corso di Laurea breve in Arredamento ed Architettura degli Interni, è Responsabile Scientifico del progetto dell’ateneo romano.
È opportuno che gli studenti di Architettura si applichino senza alcun pregiudizio su un tema, la tomba, che consente di sviluppare la riflessione sul senso della morte e sui significati che devono assumere, oggi, tutte le forme di sepoltura. Assistiamo ad una la crescente richiesta di identità del defunto e della sua famiglia attraverso un processo di personalizzazione delle tombe. La civiltà attuale tende sempre più alla ricerca della identità. Le porte di ingresso agli alloggi delle case di Dublino, ciascuna di un diverso colore, ne sono un esempio palese. Dunque, se è chiaro che in vita vogliamo avere una identità, la stessa cosa vorremo fare quando saremo defunti. In passato questo avveniva arricchendo anche in maniera abbastanza kitsch le cappelle di famiglia e le tombe a terra, vuoi con frasi, magari truculente, che accompagnavano il nome del sepolto, vuoi con un pasticciato corredo di accessori quali vasi porta fiori e fotografie riprodotte nella classica sagoma ovale. Oggi possiamo avanzare proposte più attuali. La luce e i suoi colori, i materiali e le nuove tecnologie ci offrono, ad esempio, la possibilità di dare identità alla tomba attraverso la presenza della immagine del defunto non attraverso la classica fotoceramica, ma in maniera realistica mediante l’ascolto della voce, recuperata attraverso un sistema di archiviazione su microchip o addirittura registrata in vita per essere utilizzata post mortem”.
 
Su quali linee di ricerca si è orientato il vostro gruppo di lavoro?
L’indirizzo prevalente è stato quello di proporre forme semplici ed essenziali. Questo consente di utilizzare materiali tradizionali e tecnologie super avanzate di facile applicazione, con accettabili parametri di economia. Alla base dei diversi progetti vi sono geometrie “minimaliste”, secondo un termine caro al nuovo linguaggio architettonico: oggetti e componenti non fini a se stessi, ma in rapporto con gli spazi che li dovranno accogliere, oggetti non astratti, ma per quanto possibile contestualizzati. Riferendoci ad uno dei grandi maestri della architettura moderna, Mies Van Der Rohe, che affermava “less is more”, possiamo sintetizzare la nostra filosofia nel motto “semplicità sinonimo di qualità”. Il nostro gruppo di lavoro guarderà soprattutto all’aspetto architettonico degli elementi. Uno dei componenti a cui affidiamo grande importanza è quello della luce e della sua identità: la luce intesa come elemento della forma architettonica che può dare un grosso contributo alla caratterizzazione di tutti gli oggetti. Nelle tombe di famiglia, ad esempio, sono interessanti le geometrie dei volumi che si compenetrano ed è interessante notare come la luce naturale possa penetrare all’interno di questi spazi e come la luce artificiale possa permettere di notte una esaltazione delle geometrie; nelle tombe a terra, analogamente, un sistema di luci a led potrà offrire ulteriori opportunità di identità che deve e che può essere ricercata assolutamente nella possibilità di rievocare l’immagine reale del defunto, magari attraverso un sistema di accensione di immagini su touch screen; un ulteriore esempio è la riproduzione della persona mediante non immagini fotoceramiche classiche, ma foto-mosaico che fungano da “faccia in vista” nelle diverse sepolture. L’incontro con i defunti al cimitero deve essere felice e non portatore di malinconia”.
 
Ritiene che la vostra ricerca abbia elementi di particolare “appeal” per l’industria delle sepolture?
Premesso che per noi l’argomento è assolutamente inedito e che abbiamo cercato di approfondirlo come possibile tema per una struttura formativa, posso affermare che l’attesa da parte di chi produce è altissima. Tutte le aziende alle quali ci siamo rivolti, a dispetto della contingenza, appena accennato l’argomento si sono dichiarate disposte a collaborare perché vedono in questa attività una interessante prospettiva di crescita. Relativamente ai materiali posso anticipare che ne utilizzeremo di tradizionali (travertino, marmo, vetri, …) e di inediti, accompagnati da tecnologie innovative. Il lighting designer, che definirà la luce nella formulazione del progetto, avrà dunque una importanza non secondaria. Altro argomento trattato e di grande interesse è quello della sufficienza energetica, tema di cui proprio in questo periodo si fa un gran parlare. Prevediamo che sulle strutture da noi disegnate possano esserci batterie ad accumulo accoppiate a pannelli solari che captino l’energia durante il giorno per restituirla nottetempo. Il tetto della cappella potrà essere in pannelli fotovoltaici, ma lo stesso coperchio dell’urna e/o del cinerario a terra potrebbe essere realizzato con materiali analoghi che catturino l’energia per renderla sotto forma di luminescenza nelle ore notturne”.
 
Intervista di Stefano Mavilio
a cura di Nara Stefanelli

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