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a Trieste

il Cimitero Cattolico di Sant'Anna

Il cimitero cattolico di Sant'Anna è un cimitero monumentale nel quale assume un rilievo particolare la componente architettonica, entro un programma urbanistico prestabilito. L'attenzione per l'organizzazione planimetrica segue canoni di simmetria e di equilibrio delle singole parti. Fu inaugurato il primo agosto 1825. L'area scelta apparteneva alla famiglia patrizia dei Burlo, che vi teneva una casa campestre ed una cappella per uso domestico consacrata a Sant'Anna.

Il terreno prescelto originariamente era di forma rettangolare, misurava poco meno di 68.500 metri quadrati, e fu cinto da un muro alto 6 piedi, nel quale si apriva un ingresso in severo stile vitruviano: un frontone di tempio sorretto da quattro colonne di ordine dorico. L'ingresso esiste tuttora, sebbene sia diventato secondario: in mezzo al frontone è raffigurato a bassorilievo un serpente avvolto su se stesso, che si mangia la coda; fra le colonne, da entrambi i lati, stanno due fiaccole rovesciate ed incrociate, sormontate ciascuna da una nicchia contenente un sarcofago, tutti emblemi allusivi alla fine della vita mortale ed all'immortalità dell'anima. L'autore è l'architetto neoclassico Matteo Pertsch (1769-1834).

La superficie della necropoli ottocentesca era divisa da due grandi viali in quattro riquadri, a loro volta suddivisi in campi rettangolari da vialetti minori; all'incrocio dei viali principali si trova tuttora la cappella neoclassica dedicata a Sant'Anna, costruita nel 1822 su progetto dell'architetto Ferrari. L'edificio si presenta a pianta centrale: circolare all'interno ed ottagonale all'esterno, con quattro facciate individuate da altrettanti pronaoi, formati da quattro colonne lisce di ordine dorico che sostengono un architrave ed un timpano. In alto, addossato al muro di fondo, venne costruito un portico colonnato per ospitarvi le tombe dei personaggi più illustri della città.

Nell'ultimo decennio del XIX secolo questa necropoli, dimensionata per una popolazione di 36.000 anime, risultava essere troppo piccola, e così la sua superficie venne raddoppiata, raggiungendo i 152.700 metri quadrati con l'acquisizione di un'area verso sud-est. I lavori prevedevano anche opere di abbellimento e di sistemazione monumentale del luogo, con la realizzazione del viale che rappresenta oggi l'asse principale, in corrispondenza alle nuove porte monumentali che il Comune di Trieste intendeva realizzare, ma per le quali purtroppo mancavano i fondi. L 'unico ornamento del cimitero rimasero così per lungo tempo i cipressi italici che aveva fatto piantare il botanico Muzio de Tommasini, e dopo il 1918 si cominciò a curare in maniera particolare la manutenzione ordinaria e la coltivazione delle piante ornamentali. Lungo il muro di fondo fu costruito, in prosieguo al primo, un ulteriore tratto di portico colonnato, e si posero norme per l'uniformità stilistica e il decoro dei monumenti funerari: le tombe vennero divise in tumuli di prima classe, da sistemarsi sotto il porticato, e di seconda e terza classe lungo i vialetti; ogni intervento scultoreo di carattere monumentale doveva essere approvato da una commissione preposta, ed in questi lavori non dovevano rientrare scalpellini ed affini, ma soltanto scultori di una certa fama.

Nel 1932 venne finalmente realizzato l'ingresso monumentale, su disegno dell'ing. Vittorio Privileggi, che approntò il progetto - solenne nella sua semplicità - dell'ingresso con la cancellata in ferro battuto, fiancheggiata da due corpi di fabbrica in pietra, dove trovano sistemazione gli uffici ed i servizi del cimitero. L 'ingresso è ornato con tre figure dello scultore Marcello Mascherini (Udine 1906 - Trieste 1983) in pietra di Orsera, raffiguranti due Angeli ed una Resurrezione di Lazzaro.

Le tombe collocate sotto il porticato sono firmate da artisti noti, non solo triestini - Giuseppe Capolino (Trieste 1827-1858), Giovanni Mayer (Trieste 1863-1943), Gianni Marin (Trieste 1875-in navigazione dall'America 1926), Franco Asco (Trieste 1903-1980) ed altri - ma anche di importanza nazionale, tra cui Donato Barcaglia (Pavia 1849-Roma 1930), Urbano Nono (Venezia 1849 ca.-Belluno 1925), Pietro Canonica (Moncalieri-Torino 1869-Roma 1959) e Pietro Magni (Milano 1816-1877). Tra i viali è possibile ammirare numerosissime realizzazioni di scultori locali tra XIX e XX secolo, quasi in una sorta di museo a cielo aperto: oltre agli artisti appena citati, spiccano Guglie1mo Schiff (Mannheim 1837-Gorizia 1891), Francesco Pezzicar (Duino-Trieste 1831- Trieste 1890) e Giovanni Depaul (Trieste 1825-1918) per il XIX secolo, Antonio Camaur (Cormòns-Gorizia 1875-Trieste 1919), Marcello Mascherini, Giovanni Scheriani (Trieste 1887-1947) e Ruggero Rovan (Trieste 1877-1965) per il XX. Come spesso accade, proprio la scultura funeraria è quella che ha il maggior peso nella produzione artistica di questi scultori, e risulta spesso la testimonianza principale della loro attività, assieme alle opere eseguite per altri committenti, ed a quelle pervenute nelle collezioni dei musei.


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