Rotastyle

A DÜsseldorf dal 29 al 31 maggio

Befa 2014 1/2

Dopo quattro anni eccoci di ritorno alla BEFA, il salone funerario germanico organizzato dalla BDB, la Federazione tedesca delle pompe funebri. In passato la frequenza era quinquennale, ma questa edizione è stata anticipata per farla coincidere con il cambio di presidenza della Fiat-Ifta che si effettua nel Paese del presidente uscente. Così Claus Dieter Wulf ha passato il testimone a Marc Poirier, imprenditore del Québec, che lo trasmetterà nel 2016, in Canada, alla boliviana Teresa Saavedra, prima donna ad accedere al massimo ruolo in seno al più autorevole organismo internazionale del comparto. Per gli amanti della storia segnaleremo che già il papà di Marc, il simpaticissimo Gilles sempre accompagnato dall’altrettanto gioviale Thérèse, aveva ricoperto lo stesso importante incarico ricevendo le consegne nel 1998 dal rimpianto Alfredo Peculo in una stupenda convention a Buenos Aires della quale, dopo tanti anni, conserviamo un ricordo indelebile. Per dovere di informazione sembra doveroso precisare che l’unico italiano ad assumere il prestigioso ruolo è stato, dal 1986 al 1988, l’amico Giovanni Primavesi.
È ben noto che l’appetito vien mangiando ed ecco che la BDB ha deciso di modificare definitivamente la frequenza trasformando la BEFA in evento quadriennale. Non solo, ma ha anche previsto di organizzare, tra una edizione e l’altra, delle esposizioni regionali nei differenti “land” del Paese. Non male in un momento in cui tutti dicono che di fiere ce ne sono fin troppe. Buon lavoro, dunque, alla Federazione tedesca che forse potrebbe anche rivedere la propria politica organizzativa e migliorare le cose visto come queste sono andate quest’anno. Mi spiego. È mai possibile che alla richiesta di uno spazio espositivo (del Consorzio Tanexport, nella fattispecie), presentata più di un mese prima che la fiera inizi, non venga data, con scarsa eleganza, una risposta immediata? E che dopo diversi solleciti sia stato detto che non c’era il tempo (sic!) per procedere alla messa in opera dell’impianto elettrico e che comunque tutti gli spazi erano già occupati (chi è stato in fiera avrà certamente constatato de visu che centinaia di metri quadri erano desolatamente vuoti ...)? E, aggiungeremo, pare normale che a chi riesce ad iscriversi non venga data la possibilità di scegliere uno spazio tra quelli disponibili, ma che l’onnipotente BDB decida, insindacabilmente, per tutti? Ed ancora può mai essere che non vi sia, in un quartiere fieristico come quello di Düsseldorf (uno dei quattro tedeschi - gli altri sono Hannover, Francoforte e Colonia - che fanno parte dei cinque più grandi al mondo), la possibilità di disporre di una connessione Wi-Fi nel padiglione? Senza parlare di un catalogo rivelatosi un vero e proprio insulto alla semplicità ed alla chiarezza e dove ogni consultazione si trasforma in un problema da risolvere. Aggiungeremo, per fare buona misura, che imprese figuranti nel catalogo, tra le quali anche una italiana, in realtà non esponevano (ci diranno che si tratta di rinunce dell’ultimo minuto) e che la toponomastica era stata stabilita al di fuori di ogni senso pratico prima ancora che di ogni logica. Il tutto condito dall’aria di boriosa sufficienza tipica degli inetti.
Stupisce che ciò accada in un Paese spesso citato ad esempio per ordine, per senso pratico, per precisione e per tutto il resto. Se così fosse, tutto quanto successo a Düsseldorf non sarebbe accaduto. In realtà la Germania, non dispiaccia agli ammiratori della signora Merkel, non è diversa dal resto del mondo! I treni sono in ritardo (rientrando in treno - il mezzo più pratico - a Parigi dove, tutti lo sanno, abito da diversi decenni, ho potuto - con perfida, quasi britannica soddisfazione - constatare che quasi tutti i convogli in partenza dalla stazione di Düsseldorf portavano, come nel Bel Paese, ritardi variabili tra i 10 ed i 20 minuti), tra la gente vi sono i belli e i brutti, i bene educati e i cafoni, gli onesti e i corrotti, gli intelligenti e gli imbecilli, i ricchi e (purtroppo) i poveri (non dimentichiamo che se il tasso di disoccupazione germanico è statisticamente così basso ciò lo si deve anche al fatto che molte persone “occupate” ricevono, in assenza di un salario minimo legale, compensi miserrimi di poche centinaia di euro mensili), i buoni e i cattivi. Non facciamo dunque di tutta l’erba un fascio e limitiamoci alle constatazioni oggettive. Unica aggravante per gli amici tedeschi un certo complesso di superiorità che li porta a considerare gli altri, soprattutto i popoli del sud, come subordinati, attribuendosi arbitrariamente un ruolo di guida che a loro non compete e di cui possiamo bellamente infischiarcene. Lo si vede in Europa, a conferma della fondatezza di quel detto francese “chassez le naturel, il revient au galop” (liberamente traducibile come “tentate pure di cambiare la natura dell’individuo, ma essa ritorna al galoppo”) che fa sì che da Federico I Hohenstaufen, meglio noto come Federico Barbarossa, in poi i diversi e ripetuti tentativi egemonici siano finiti come tutti sanno. Male! E ciò, merita sottolinearlo, non solo in Germania, ma dappertutto, da Alessandro Magno a Roma, fino agli imperi coloniali compresi quelli, di stampo sovietico, più vicini a noi. È un vero peccato che in un Paese che tanto ha dato alla cultura mondiale (Goethe, Thomas Mann e Hesse in letteratura; Beethoven, Wagner e Brahms in musica; Kant e Hegel con tantissimi altri - compreso Marx - in filosofia; Albrecht Dürer, Caspar David Friedrich e gli espressionisti del “Die Brücke” di Dresda in pittura, senza trascurare gli innumerevoli scienziati che in tutte le discipline, tecniche ed umanistiche - pensiamo agli innumerevoli grecisti e latinisti tra i quali come dimenticare l’eccelso Theodor Mommsen autore della ben nota e monumentale “Storia di Roma” - hanno contribuito al progresso dell’umanità) ci siano ancora soggetti come quell’ottuso dipendente della fiera che per due giorni ha letteralmente “perseguitato”, con un accanimento degno di un aguzzino della peggior specie, una azienda italiana a causa della supposta non conformità di un materiale dello stand obbligandola, alla fine, a rimuovere l’accessorio. Un po’ come accaduto a Bologna in occasione di Tanexpo quando zelanti funzionari, altrettanto ottusi, dell’ente fiera felsineo si facevano in quattro per rompere le scatole agli espositori che stavano allestendo. Quando si diceva che tutto il mondo è paese ...
Per fortuna ci sono anche quelli come la famiglia Völsing, delle omonime urne, o Marco Frank, di Art Funeral Italy, che compensano ampiamente la grettezza e l’arroganza insopportabili di certi loro compatrioti onorando il proprio Paese con la distinzione, la gentilezza e la modestia dei forti. Il meglio ed il peggio camminano spesso, anzi sempre, a braccetto. In tale contesto tanto più infondata ci suona l’affermazione perentoria (le certezze sono solo provvisorie) di un giovane, carissimo e fraterno amico italiano espositore a Düsseldorf che sosteneva essere la BEFA “l’unica” fiera europea degna di interesse. Un certo manicheismo è proprio della gioventù (beati loro!). Il tempo, inesorabile, si incaricherà, ci siam passati tutti, di smussare gli angoli trasformando, a prezzo di un duro lavoro, la pietra grezza in pietra levigata facendo uso degli strumenti adeguati e liberandosi in primis dai dogmi per osservare e per interpretare gli eventi alla luce fecondante del dubbio. E sulla reale qualità di BEFA di dubbi ve ne sono tanti! Le critiche che portiamo e che sono state largamente riprese da molti altri espositori, locali e non, non sono fini a se stesse, ma hanno l’ambizione, costruttiva nell’intenzione di chi scrive, di costituire un incitamento per migliorare quello che non va. Non solo dal punto di vista organizzativo, ma anche, e soprattutto, da quello umano. O, se non vogliamo imbarcarci in “dialoghi sui massimi sistemi” commissionati se non andiamo errati a Galileo da papa Urbano VIII, limitiamoci pure alla sola buona educazione manifestamente assente in chi non risponde per settimane ad un potenziale cliente ed in chi mente raccontando balle su impianti elettrici da realizzare in tempi biblici (manco si trattasse di costruire una centrale nucleare) o su spazi espositivi presunti inesistenti. In realtà il Consorzio Tanexport ha potuto, nonostante tutto, essere presente grazie alla lodevole disponibilità della Ceabis, del Gruppo Vezzani, che ha gentilmente acconsentito a cedere una parte del proprio spazio. Un grazie sentito ad Alfredo Vezzani. Tali critiche sono, perché “vogliono” esserlo, assolutamente esplicite ed in tali circostanze è, prima ancora che giusto, doveroso metterci la faccia, cosa che facciamo ben volentieri. Perciò accanto all’abituale “il viaggiatore” troverete, “una tantum” in calce all’articolo, anche il mio nome e cognome.
[continua]


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