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L'ASTUZIA CHE SALVA LA VITA

L'opossum è inseguito, una volpe gli dà la caccia. La sua vita è in grave pericolo. Ma il piccolo marsupiale simile a un grosso ratto, dalla lunga e squamosa coda, non si perde d'animo: improvvisamente si finge morto. E lo sa fare benissimo: il suo corpo rimane immobile, gli occhi sono vitrei e la bocca semiaperta.
L'animaletto, che vive in quasi tutta l'America ed ha abitudini notturne, può stare in questa condizione per un tempo variabile tra alcuni secondi e qualche ora. Disorientata dall'accaduto, la sua nemica si allontana.
Non attacca un animale già morto. Finita l'emergenza, il finto cadavere può rapidamente "resuscitare" e fuggire.

Parecchi animali hanno sviluppato questa capacità, collegando all'idea della morte la possibilità di sopravvivenza: insomma, hanno capito che fare i morti vuol dire salvare la pelle. Di fronte all'agguato, paralizzano tutte le funzioni vitali, sembrano davvero stecchiti. Vedendoli crollare, i predatori si allontanano, perché perdono l'istinto di cacciatori. Non cacciano un corpo già morto. È contro la loro natura.
Questo straordinario comportamento protettivo, adottato in situazioni di estrema emergenza, per evitare di cadere vittime di aggressioni, si chiama "tanatosi" e consiste, appunto, nel simulare uno stato di morte. Al singolare e astutissimo rimedio salvavita ricorrono sia gli invertebrati, soprattutto i ragni e gli insetti, sia, ma in misura molto minore, i vertebrati, dai pesci ai mammiferi.

Tra i pesci, utilizzano questa tecnica di difesa i neon e i cardinali, che fanno finta di essere morti appena pescati: galleggiano senza dare segno di vita nel retino o nel sacchetto, per poi schizzare via velocemente una volta ributtati in acqua. Anche il rospo comune, quando non sa più che fare per difendersi, agisce così: se attaccato, l'abitante degli stagni tenta prima di gonfiarsi il più possibile per impedire al predatore di ingoiarlo, poi emette una secrezione che provoca irritazione all'avversario.
Ma, se tutti questi tentativi falliscono e il suo cacciatore non demorde, sfrutta l'ultima risorsa: si distende immobile, ventre all'aria, e aspetta che il pericolo passi.
Anche nei rettili la tanatosi è molto comune: il camaleonte africano assume una colorazione grigiastra tipica del suo stato di morte. Quest'animale, lungo non più di una trentina di centimetri, coda compresa, caratterizzato da occhi grossi e sporgenti e dalla lingua lunghissima, ha dei movimenti molto lenti ed impacciati: non potrebbe mai fuggire velocemente. Inganna dunque l'avversario cambiando colore, attività in cui peraltro è già molto in gamba: in questo caso però non uniforma il suo corpo alle tinte dell'ambiente circostante, ma adotta quel particolare colore che induce il suo rivale a crederlo morto.
E quindi ad allontanarsi.

Il serpente muso di porcello, invece, si rovescia immobile sul dorso mostrando il ventre pallido e sta con la bocca spalancata. Per essere sicuro di passarla liscia, adotta ancora una particolare precauzione: rafforza il proprio aspetto di morto emettendo uno sgradevole odore di carogna.

Anche la simpatica ghiandaia azzurra americana ha imparato davvero bene a morire per finta. Quando teme l'aggressione di un nemico, volpe o falco che sia, questo curioso inquilino delle foreste dell'America del Nord, dal Canada meridionale al Golfo del Messico, rimane immobile, occhi chiusi, zampette per aria e pancia in su.
Scampato il pericolo, il bel corvide che vive cibandosi di frutta, semi e uova di uccelletti, si rialza veloce e schizza via come una saetta. Pure il martin pescatore e la civetta ricorrono alla medesima furbizia. Cosa non si impara a fare per salvare le penne!

 
Gianna Boetti


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