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L'armata Brancale-onu e il suo vessillo ammai-nato

Il nefasto evento, che ben pochi, umili, intelligenti cittadini di questo distorto mondo occidentale sospettavano, è accaduto. Seguendo un copione ormai ben collaudato, una nuova guerra sta infiammando questo nostro inquieto Mediterraneo, sta arrostendo la pelle di chi muore e sta eccitando gli animi di coloro che, dai fatti d’arme e dalle prodi imprese degli eroi, sono elettrizzati.
Scrivo oggi, dopo molti giorni dall’inizio di quel macabro circo che ha trasformato il deserto di Libia in un campo di battaglia non ancora ben identificato, dove certezze ve ne sono poche, ma una non manca: si spara, si ammazza, gli aerei calano bombe. Quasi da subito, dall’inizio di questa rivoluzione androide, ne ho seguito gli sviluppi con lo sconcerto di chi teme e con lo scetticismo di chi, a certe favole, poco crede. Colpa dell’essere così legato al pensiero illuminista e a un po’ di libertà d’animo, troppo mi suonava distorto in questa storia di petrolio e di deserto. Ecco perché sono stato attento, ho ascoltato riflettendo e immaginando cosa ne sarebbe scaturito. Continuo ogni giorno a farlo perché non capisco: forse sono rincitrullito. Sono deluso, offeso, arrabbiato. Credo che a pochi sia sfuggito il quotidiano vomitare di fasulle notizie date per scontate. I numeri, i proclami, le denunce, i fulmini e le saette puntualmente smentite il giorno dopo. Discorsi dal palco, tavole rotonde, talk-show, colonnelli e generali alla radio, in televisione, ben vestiti, pettinati, incravattati, a spiegare strategie, scenari e altre cavolate varie. Lo spettacolo deve andare avanti! Parla il presidente, il parlamentare obbietta, il governo balbetta, il ministro si sbraccia, un altro si defila, mezza Europa si dissocia, la Francia attacca. Sembra carina la definizione “volenterosi”: gli inglesi e i francesi con i loro cacciabombardieri sparano sui civili cattivi così da poter salvare i buoni, quelli con i mitra che fino a ieri si sperava ce la potessero fare da soli. Quelli che erano già stati dati per massacrati in 10.000 due giorni dopo la rivolta: genocidio, fosse comuni scavate sulla spiaggia, immagini in tv. Balle, imbrogli della stampa, attentati verbali, orrore moltiplicato per se stesso e per i volti disperati, in modo da far molto terrore.
Tutti a giocare alla guerra, tutti a prevedere e a dichiarare, tutti contro tutti nella stampa e nel deserto mentre la gente comune, attonita e confusa, si aggrappa alla solita domanda: a chi giova tutto questo? È presto per la risposta, ma già si profila ad occidente e ad oriente un piano ben orchestrato da chi gioca ai liberatori facendo finta di niente. Non è che la Fallaci su certe previsioni avesse ragione? È storia vecchia, è storia mai sopita, è un braccio di ferro tra l’impero Ottomano che cadde in disgrazia alla fine della grande guerra e gli imperi coloniali che, nel diagramma del tempo, non durarono molto di più. È storia di popoli, di genti, di antiche crudeltà latenti, è storia di baiocchi e di petrolio e poi, ebbene sì, è storia di dittatori, nemmeno dei peggiori, nemmeno così avidi rispetto a certe nostre tradizioni. Sceicchi forse poco democratici, pittoreschi, sensibili al fascino del potere, un tantino crudeli, ma chi si prende la briga di voler guidare i popoli non è mai stato afflitto dalla sindrome del bravo ragazzo. Ieri amici, oggi uomini neri.
Resta la quotidiana danza delle fesserie occidentali, la grottesca coalizione, la missione nebulosa, ma con il permesso dell’Onu e dunque si può fare. Di preciso non si sa cosa, ma di certo si farà. L’articolo 11 della nostra costituzione è piuttosto pacifista, ma in Parlamento se ne parla poco o niente. E intanto si litiga su chi comanda, si impongono sanzioni, l’embargo sul petrolio libico, quello che serve proprio a noi, italici polli. È la fiera dell’imbecillità: ci riscalderemo a schiaffi il prossimo inverno. Non si andrà in macchina, si pedalerà. Ma la televisione informa: qualcosa si farà! Di energie alternative se ne parla da trent’anni, e ancora se ne parla e se ne parlerà. Coprono solo il 20% del fabbisogno nazionale. Non vale nemmeno la pena iniziare! Il rais ci perdonerà?
È a questo punto che la gente cambia canale, cerca un cartone animato, una telenovela, un telefilm, una pubblicità, qualsiasi cosa che sia meno demenziale. Intanto laggiù i volenterosi continuano a sparare. Comanderà la Nato, non si sa bene cosa, come e quando, ma comanderà. Ma adesso, in questo caso, cos’è la Nato in questo mondo sempre più “sconclusioNato”? Nel frattempo l’Italia ha battuto la Francia ai rigori. Ha ottenuto il pattugliamento del mare. Pattugliamento contro che? Io non ce la faccio più! Non so più cosa dire! Sbarcano centinaia di clandestini in quel mare di Lampedusa. L’Italia li accoglie o così pare. Li smista, li imbarca in aeroplano o sulla nave. Troverà loro una sistemazione, un sussidio, una casa nel dismesso villaggio militare. Tutto questo mentre qualche padre di famiglia licenziato, cassintegrato, che ha perduto il lavoro, un viaggio in aeroplano se lo deve pagare, il mutuo non aspetta. La fila dei nativi, nuovi poveri, si allunga, qualcuno fruga dentro il cassonetto, fa di fretta, si guarda intorno e si vergogna, porta ancora un vestito decente, è un italiano che non ha più niente e nessuno niente gli darà, anzi probabilmente gli verrà portato via quel poco che ha. Forse si sparerà, ma non fa notizia. Tutto questo mentre Lampedusa affonda. Tutto questo mentre già si spartiscono gli appalti per le villette dismesse della vecchia base Usa da destinare ai maghrebini che abbandonano la loro patria senza lottare. Mi rifiuto di pensare che siano profughi politici. C’è sempre molto da fare quando si rimette in piedi una nazione, c’è da soffrire, da scontrarsi, da mettersi in gioco politicamente, da rischiare, da immaginare un mondo migliore, da provare a farlo, così come sempre è accaduto. Come si fece in questo nostro Paese dopo le macerie del 1945. Tutto questo si fa se c’è amore per la propria terra, ideali per battersi, radici in cui credere e, per loro, lottare e anche morire.
Parlate pure male di me se dichiaro apertamente che non riesco a comprendere i giovani nordafricani, profughi che lasciano i propri figli, i padri e le madri, le proprie case, le proprie donne e la loro bella e ricca terra. Terra liberata e ampia, ancora tutta da modificare, da edificare, da inquinare, per sbarcare in Europa dove ormai c’è ben poco lavoro, poco spazio da inventare, quasi persino poco da rubare. Parlate pure male di me se protesto. Protesto perché protestano i fuggiaschi malandati, delusi, forse già pentiti di essere partiti. Protesto perché si ribellano se non trovano degna accoglienza, pronta assistenza, un mondo migliore di quello appena ripudiato, il loro, già da noi, spocchiosi imperialisti coloniali, a suo tempo liberati. Nessuno li ha invitati e, fino a ieri, in Egitto e in Tunisia ci si andava in vacanza a frotte e non si stava male. Dieci dollari erano una mancia gradita e riverita.C’è qualcosa che mi turba in tutto questo proliferare di ribellione islamica, qualcosa che non può essere paragonato alla emigrazione dei nostri nonni verso le Americhe e il Nord Europa. Qualcosa che con il cristianesimo e con l’illuminismo ha ben poco a che spartire. Qualcosa che stride, che sfugge e che fa paura. Non vi sono civili da salvare, ma petrolio da succhiare. Non vi è alcun accoppiamento con storie di Risorgimento o sensi di colpa: è retorica, è una balla colossale. Non vi è democrazia da esportare verso altre genti che hanno dalla loro storia altri parametri di convivenza. Genti che non ci amano, che ci detestano per vecchie storie ancestrali. E noi dobbiamo smetterla di guardarli con quell’aria di superiorità maldestra e industriale, noi genti civili destinate a un rapido tramonto, alla fine dell’impero romano mai finito veramente, alla fine dell’impero cristiano, e prepararci a ritrovarsi chissà come e chissà quando, in qualcos’altro che non immaginiamo ancora.
Mi fermo e accendo il televisore. Cosa ci sarà di nuovo e di appassito, studiato apposta per fare audience, per farti, per farci, per farmi stare male? Sorpresa! Si parla di rimpatrio, di accordi bilaterali, di un aiuto economico ai cosiddetti profughi per poter fare impresa nel proprio paese. Non ci posso credere! L’Italia affonda nella sua ombra di miracolo economico ormai trasformato in lesta recessione e anziché rimescolare le carte in famiglia, anziché aiutare le laboriose piccole imprese con l’acqua alla gola, si inventano soluzioni geniali dettate dalla disperazione. Non so più che dire, parlano già in troppi, qualcuno mi potrà trovare fazioso, qualcuno dirà che sono razzista, qualunquista, sobillatore, egoista. Niente di più falso: sono solo un invalido che nonostante la paralisi lavora, si dà da fare. Sono un italiano, per fortuna o purtroppo lo sono. Quasi quasi metto musica, un disco di un nostro saggio cantautore… E a questo punto, ormai, che vinca il migliore!

 

 
Carlo Mariano Sartoris


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