Rotastyle

l'ultimo disco di Morgan

NON AL DENARO, NON ALL'AMORE, NÉ AL CIELO

Diciamo subito che Marco Castoldi, in arte Morgan, ha avuto coraggio. Cimentarsi nella reinterpretazione di una delle opere più famose e apprezzate di Fabrizio De André richiede forza d'animo, se non altro perché il rischio di una operazione di questo tipo è quello di suscitare polemiche da parte di un'intera generazione, che di quel disco ha fatto una vera e propria bandiera. Uscito nel 1971, il disco di De André è un concept album liberamente ispirato alla "Antologia di Spoon River" di Edgard Lee Master, poeta americano che in questo libro raccolse 244 epitaffi di altrettanti personaggi che, come ricorda l'ouverture del disco "dormono sulla collina".

Il leader dei Bluvertigo ripropone nel 2005 una versione riveduta sicuramente, ma non troppo corretta. Il disco di Morgan non è un disco di cover, ma la cover di un album intero che volutamente si mantiene il più fedele possibile all'originale; uguali le atmosfere, medesime le partiture di un Nicola Piovani allora ventiduenne, mentre il cantato mantiene intatta la magia che De André aveva saputo dare alla versione originale. Quella di Morgan non è una libera e personalissima rivisitazione "alla moda sonora contemporanea", tanto meno una trasformazione-deformazione che avrebbe condotto ad un totale stravolgimento. Morgan ha agito nel rispetto, mosso da curiosità e desiderio analitico verso la cosa "per ciò che è" e non per "ciò che potrebbe essere" e, come posto di fronte ad un'opera classica (nessuno si sognerebbe mai di "liberamente alterare" le partiture del Don Giovanni di Mozart nel serio e serioso universo della musica colta), ma alleggerito dal trovarsi a lavorare una materia "pop", ha operato una sorta di ricostruzione filologica, soltanto filtrata inevitabilmente dai suoi gusti, dai suoi mezzi, dalle sue possibilità.

Accompagnato dalla band "Le sagome" Morgan ricanta e risuona (nel disco si diletta col clavicembalo, col piano, ma anche con i sintetizzatori e col suo strumento più consono, il basso). "Non al denaro, non all'amore, né al cielo" restituisce all'ascoltatore una versione sapientemente restaurata, una sorta di atto dovuto, quello dell'artista che con estrema intelligenza e umiltà "ricalca" e non "rivisita" (sarebbe stato un atto di estrema presunzione) un Autore e la sua opera. Voto: 8.

 
Marco Pipitone

Abbiamo incontrato Morgan in occasione del grande concerto al Monumentale.

Un luogo inconsueto per fare musica.

"Ritengo il Monumentale uno dei luoghi più significativi di Milano dal punto di vista artistico e architettonico. L'idea di cantare 'Non al denaro, non all'amore, né al cielo' in una cornice come questa mi è sembrata un'idea originale ed interessante, oltreché pertinente".

Due parole su questo disco.

"È un lavoro piuttosto stratificato, basato principalmente sulla 'traghettazione', che comincia nel 1915 ed arriva ai giorni nostri. In qualche modo l'opera diventa più importante dell'artista che, in questo caso, si trasforma in un tramite, in un umile traghettatore. Questo è un disco cimiteriale, e si cerca di farlo vivere poiché le storie che sono raccontate sono storie di vita di persone normali inserite in una società organizzata nella quale ognuno di noi può ritrovarsi; sono quindi figure ancora molto attuali poiché, come allora, il loro mestiere mantiene le stesse regole. È, in un certo senso, una operazione controcorrente, fuori dal coro".

Che relazione c'è tra Morgan e la morte?

"In questo momento ho a che fare con la morte in modo apotropaico. Certamente per allontanarla, ma non perché io ne abbia paura. Comprendere la morte significa comprendere la vita ed è questa connessione che mi interessa. Avendo però una forte pulsione al rinnovamento, allo stare al mondo rinnovandomi, cerco sempre il modo di vivere delle nuove vite; questo, però, significa che ne abbandono molte. Simulare la morte in vita è in questo momento l'atteggiamento che ho nei confronti della morte. Se invece guardo al passato, alla morte vera… . Avevo 16 anni quando ho perso mio padre, ed è stato un evento che mi ha profondamente segnato: mi ha fatto crescere con maggiore consapevolezza ed è proprio grazie ad essa che ho sviluppato una più grande profondità rispetto a chi fortunatamente non aveva ancora vissuto questo tipo di esperienza".

I tuoi progetti futuri.

"Mi piacerebbe fare una tournée nei cimiteri, sempre che ve ne sia la possibilità. La musica può infatti essere associabile ad un momento di preghiera. I salmi sono canti. La preghiera, la musica e i canti sono strettamente collegati tra loro. Da non confondersi con ciò che può essere lo schiamazzo di un concerto rock. Il cimitero diventa un valore aggiunto, profondo, una cornice interessante per raggiungere un livello di spiritualità che non necessariamente deve essere collegata ad un credo. Nel pieno rispetto del luogo, naturalmente, dei corpi e di tutto ciò che ruota attorno al cimitero. In epoca neoclassica il culto dei morti aveva a che fare con un alto livello di civiltà e con una società che rispettava i propri protagonisti anche dopo la morte. Concetti che, per altro, esprime bene anche il Foscolo".

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"Bisognerebbe avere un disco dei Beatles, uno di Glenn Gould che suona Bach e uno di Tenco. Ma i miei tre cambiano ogni giorno!".


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