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Schubert, la morte e la fanciulla

Enigmatica per l’intelletto, chiara al sentimento, la voce del Lied risuona dalle misteriose profondità dello spirito e della poesia”. Così F. von Schlegel, un protagonista del Romanticismo tedesco dei primi dell’Ottocento, definisce il Lied. Il termine di solito non viene tradotto: i corrispondenti italiani (canto, canzone) non rendono bene l’idea di ciò che diventò, nella tradizione musicale e culturale tedesca, questo tipo di composizione vocale, con accompagnamento di pianoforte, su un testo poetico.

Preceduto da una storia già abbastanza lunga e interessante, il Lied tedesco diventa a partire dai primi decenni dell’Ottocento, nell’età del Romanticismo, una delle più straordinarie espressioni di quella cultura: praticato da musicisti di altissimo livello, fa uso di tutte le raffinatezze della musica colta, e raggiunge i massimi livelli di quest’arte, mantenendo però anche un legame strettissimo con lo spirito e le tradizioni popolari; il germanista Claudio Magris ci spiega come Thomas Mann poté vedere nel Lied “l’espressione di una sovrapersonale anima popolare tedesca, che passa attraverso i secoli sulle ali del canto”.

Tutto ciò si realizzò compiutamente per la prima volta nell’opera e nella personalità di Franz Schubert, negli oltre seicento Lieder che egli compose nella sua breve vita (1797/1828). La più vasta gamma di sentimenti vi è espressa, da quelli dell’intimità casalinga e del raccoglimento interiore, oppure dell’esperienza amorosa, a quelli dell’allegria più spensierata. Ma non mancano tonalità emotive oscure, tragiche, dove il tema della precarietà della vita, e quello della sua fine, vengono in primo piano. Si dà il caso anzi che nel novero dei capolavori della liederistica schubertiana venga unanimemente inserito Der Tod und das Maedchen (La morte e la fanciulla), del 1817, il cui testo (di M. Claudius) così suona:


La fanciulla:

Via, ah, sparisci!
Vattene, barbaro scheletro!
Io sono ancora giovane; va’, caro!
E non mi toccare.
La morte:
Dammi la tua mano,
bella creatura delicata!
Sono un’amica,
non vengo
per punirti.
Su, coraggio!
Non sono cattiva.
Dolcemente dormirai
fra le mie braccia!

(traduzione di P. Soresina, Garzanti)


Tanta era l’importanza che Schubert attribuiva alla musica scritta in questa occasione, e al tema in essa espresso, che li riprese qualche anno dopo non più in una composizione vocale, ma in un quartetto per archi che ne mantiene il titolo e ne utilizza la melodia, esprimendo quel medesimo sentimento della Morte, ma senza più bisogno di parole
 
Franco Bergamasco

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