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"finti" funerali se il morto non c'è

Tutti devono avere una dignitosa sepoltura. Anche coloro che risultano dispersi e di cui non si trova più il cadavere. Diverse le manifestazioni di cordoglio per chi non torna più dalla battaglia o annega in mare. Persino il distacco per un lungo viaggio o per la chiamata alle armi è vissuto come un funerale. Ed è accompagnato da specifici rituali. Proprio come se la persona non facesse mai più ritorno.
Anche a chi muore lontano dal proprio paese spetta un degno funerale. Anche chi lascia per sempre il corpo in mare non può rimanere senza sepoltura. Così come chi si perde in battaglia o non torna più dal fronte va ricordato con uno specifico rituale funebre. Quando non ritrovano più il cadavere di un proprio membro, molte comunità prevedono particolari manifestazioni di dolore che culminano in esequie solenni. Anche se del defunto non vi è più nessuna traccia, infatti, il suo ricordo non va cancellato. E, per questo, va ugualmente onorato. Allo stesso modo, anche chi emigra per un altro continente o chi parte al seguito dell'esercito viene salutato come se fosse l'ultima volta: in diverse realtà, il distacco da chi si allontana dalla terra di origine viene vissuto in maniera talmente drammatica da essere paragonato ad una vera e propria situazione di lutto.

CROCI DI CERA E FOTOGRAFIE.
In diverse zone d'Italia e d'Europa esisteva, almeno fino a qualche decennio fa, un vero e proprio lutto per il "cadavere assente": si tratta di persone che sono decedute in mare o in terre lontane e quindi non possono ricevere i soliti trattamenti funebri. Già nell'antica Roma erano previste esequie senza defunto: quando un viaggiatore, un soldato o un marinaio decedevano lontano dalla patria ed era impossibile riportare il cadavere nel paese natale, si elevava per lui un cenotafio: da qui si chiamava ad alta voce il morto, per tre volte, affinché venisse ad abitare la nuova dimora che gli era stata preparata. Fino al principio del secolo scorso, in Calabria, in alcuni centri della provincia di Cosenza, quando un uomo muore lontano, i superstiti si comportano come se fosse presente il corpo: appena avuta la notizia del decesso, improvvisano un simulacro di cadavere, lo collocano sul letto dove dormiva in vita e, prendendo posto intorno, iniziano a piangere. Il giorno successivo viene celebrata la messa in suo onore. In alcune zone della Basilicata sul letto del morto vengono posti indumenti che indossò in vita, mentre le donne, nella medesima stanza, eseguono la lamentazione funebre.

Per ricordare chi non si trova più si può anche mettere in mostra qualcosa che gli appartenne. In Friuli la vedova del soldato disperso in guerra stende innanzi alla porta un indumento del marito e le sue armi: davanti a queste "memorie" del marito recita, con le altre donne, le lodi del defunto. Dopo tre giorni di esposizione, vengono celebrati i solenni funerali. Anche in alcune regioni della Bulgaria vengono esposti i vestiti della persona che muore fuori dal villaggio: sono i parenti maschi a distendere a terra, davanti alla soglia, i vestiti ed alcuni oggetti del defunto, mentre le donne intonano le lamentazioni. In Albania il corteo funebre del cadavere assente è preceduto da un bambino che porta del pane su un vassoio, che viene poi sistemato al centro della chiesa durante il funerale: in alcune zone rurali della Grecia, invece, la lamentazione funebre prima delle esequie si svolge attorno al tavolo in cui mangiò per l'ultima volta il defunto. In Romania non si piange l'assente solo durante il funerale: nei sette giorni successivi alla messa, le donne di famiglia cantano le lamentazioni funebri durante i lavori casalinghi, per ricordare il figlio, il marito o il fratello morti in guerra.

In Francia, è segnalato un particolare rituale per il marinaio morto in mare. In alcune zone della parte meridionale, su un grande tavolo, posto nella stanza principale della sua casa, si stende un drappo di tela bianca che rappresenta il lenzuolo funebre. Su questo telo si depone poi una piccola croce di cera con il nome del defunto e ai piedi di questa una sua fotografia, accanto alla quale vengono posti due ceri accesi. Ai piedi della tavola si colloca un piatto pieno di acqua benedetta, in cui si immerge un ramoscello verde. Quando nella dimora del defunto si è radunata la comunità, le donne di famiglia guidano la veglia funebre. Il mattino seguente il parente più prossimo porta in chiesa, su un panno bianco, la piccola croce di cera e la posa sul catafalco. Poi viene celebrata la messa per il defunto.

Lacrime alla stazione. Andandosene in un paese molto lontano e di solito poco conosciuto, l'emigrante si può trovare di fronte ad un incerto destino. Così, il viaggio in cerca di fortuna si presenta spesso come un distacco senza ritorno, vissuto drammaticamente soprattutto da chi rimane nella terra d'origine.

In diverse aree del centro e del sud dell'Italia, interessate in maniera particolare al fenomeno della emigrazione nei primi decenni del Novecento, si sono registrati particolari atteggiamenti delle popolazioni locali, che hanno affrontato la partenza di molti familiari come un lutto. In Campania, in alcuni centri della provincia di Napoli, tutta la popolazione del villaggio viene informata della partenza di un compaesano. Siccome la partenza avviene di solito durante la notte o nelle prime ore del mattino, la sera precedente, parenti, amici e quasi sempre tutti gli abitanti del paese, partecipano con l'emigrante alla messa propiziatoria. Dopo qualche ora l'emigrante, accompagnato dai suoi familiari e carico di pacchi e valigie, si dirige a piedi verso la stazione o la corriera che lo condurrà al porto: mano a mano che avanza le finestre di tutte le case lungo il percorso si illuminano e si aprono. Scendono in strada uomini, donne e bambini, che formano un corteo in cui prevale il pianto. Per loro, chi parte, non tornerà più. Anche le grandi transumanze di greggi comportano un distacco dalle persone amate: in questo caso, però, non si tratta di partenze definitive, ma di assenze prolungate. In Abruzzo e in Puglia sono state segnalate sofferte scene di congedo dai pastori, diretti verso altre zone: al mattino, nella piazza principale del paese, i parenti e gli amici maschi danno l'addio a chi deve partire, mentre le donne, con l'aria afflitta, guardano, un po' in disparte, la scena. Terminati i saluti, tutti vanno in chiesa, per assistere alla messa. La moglie del pastore, rimasta sola, cade in una sorta di vedovanza: per più giorni non pulisce la casa, lascia disfatti i letti. E non esce di casa, se non per andare in chiesa.

ARMI SENZA RITORNO.
Dalla guerra si può anche non tornare. Per questo il reclutamento di uomini e giovani determina spesso nelle famiglie drammi vissuti come la morte. Il fenomeno è particolarmente sentito nella Russia degli zar, dove nascono addirittura le lamentazioni "militari" o "di reclutamento", cantate ai soldati prima della partenza, che si diffondono soprattutto nel periodo di Pietro il Grande, che costituisce il servizio militare obbligatorio. Con queste, la famiglia piange colui che sta per partire come fosse morto: il soldato, prima di partire, abbraccia prima il padre, poi la madre, i fratelli, le sorelle e gli altri parenti. Intanto una donna, il più delle volte dietro compenso, svolge la lamentazione. La stessa lamentazione verrà effettuata quando il soldato, tornato a casa dopo un permesso, farà ritorno all'esercito. Proprio come se non tornasse mai più.
 
Gianna Boetti

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