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Quale lavoro per le donne?

Riflessioni sul contributo delle donne all'imprenditoria funeraria e sul loro impegno

Ricordate le favole che vi raccontavano quando eravate bambini? In alcune di esse come "La Bella Addormentata nel Bosco", "Cappuccetto Rosso" o "Cenerentola" le protagoniste donne lavorano sempre. Nelle favole e nella realtà, dal buongiorno alla buonanotte al buongiorno. Una ciclicità che lascia intuire l'affanno di un impegno tanto incessante quanto misconosciuto, se non addirittura negato nei suoi meriti. Eppure le donne hanno energia e grinta da vendere. Il riferimento alle vecchie fiabe ci porta ad una riflessione sul ruolo delle donne nel mondo del lavoro. Lungi dal volerci addentrare nei meandri di discussioni femministe, politiche o antropologiche, vogliamo invece ricordare le donne impegnate nella gestione di una impresa e tutte quelle operaie e impiegate che non hanno mai dimenticato il proprio ruolo in famiglia. Donne che si sono rivelate strateghe nell'arte della mediazione (da non confondere assolutamente con la banale tecnica del "compromesso") che le ha rese capaci di assumere responsabilità autonome nell'esercizio della propria attività sociale, familiare e lavorativa. Non parliamo soltanto di "manager", ma anche di tutte le lavoratrici presenti nelle aziende che operano nel settore funebre. Donne in prima linea, impegnate con costanza e con perseveranza nelle agenzie di onoranze funebri a conduzione familiare, operaie instancabili e impiegate nelle industrie di articoli funerari. Con la percezione propria della loro femminilità e con la propensione a cogliere quelle "sfumature" che spesso sfuggono agli uomini, hanno saputo arricchire la professione dell'imprenditore funebre, contribuendo a rendere autentico ogni rapporto umano grazie ad una naturale capacità di improntare all'unione ed all'armonia le relazioni interpersonali e le diverse situazioni in cui si manifesta ostilità.
La pari dignità fra uomo e donna, almeno in Europa, è oggi formalmente fuori discussione; manca, invece, il riconoscimento della soggettività femminile. A questo proposito merita fare una piccola riflessione sul complicato e variegato ruolo della donna lavoratrice che è allo stesso tempo moglie e madre. La donna dedita alla carriera si trova a dover essere comunque versatile, eccellente ed efficiente, "barcamenandosi" miracolosamente nel quotidiano di una complessa "ubiquità". Anziché soccombere sotto il peso di ritmi di vita frenetici e incessanti, le donne dovrebbero dare maggiore significato al proprio operare, curando di più, oltre che il proprio aspetto, anche la propria formazione culturale, senza creare competizioni con il mondo maschile. Magari facendosi aiutare un po' più dagli uomini in un orizzonte professionale che, se reso con libertà, reciprocità ed amore, esprime la vera dignità di chi lavora. È possibile riconoscere una certa diversità di ruoli, nella misura in cui tale diversità non è frutto di arbitraria imposizione, ma sgorga dalle peculiarità dell'essere maschile e femminile. È sempre gratificante sentir dire ai datori di lavoro uomini che "questo lavoro lo facciamo fare alle donne perché lo sanno fare meglio loro!". Ma è ancor più di conforto una citazione tratta dalla "Lettera del Papa Giovanni Paolo II alle donne" del 29 giugno 1995: "Grazie a te, donna-lavoratrice, impegnata in tutti gli ambiti della vita sociale, economica, culturale, artistica, politica, per l'indispensabile contributo che dai all'elaborazione di una cultura capace di coniugare ragione e sentimento, ad una concezione della vita sempre aperta al senso del "mistero", alla edificazione di strutture economiche e politiche più ricche di umanità".
Nella speranza che ciò avvenga, auguriamo a tutti - uomini e donne - di riuscire a imporre un settore funerario italiano fondato sempre più non soltanto sull'etica del successo e del guadagno, ma anche su valori di professionalità, di rispetto, di dignità.
 
Rossella Piovesan

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